Cronache

Pirati all’arrembaggio di una nave genovese

Pirati all’arrembaggio di una nave genovese

Diego Pistacchi

Un film non ce lo faranno. Una nave assaltata dai pirati al largo della Somalia non è roba poi così rara. Ma il comandante Ivano Mazzocchi, genovese di 57 anni, al timone della Jolly Marrone un’esperienza così non l’aveva mai vissuta. E la potrà raccontare ai nipotini, quasi con la stessa calma con cui ieri mattina, via radio, l’ha spiegata ai responsabili della compagnia Messina che da Genova chiedevano notizie e rassicurazioni. Lui le ha date con la voce da lupo di mare, di quelli che danno le risposte più semplici, senza troppi giri di parole: «Belin, son scappö». D’altra parte quello era ciò che doveva fare, quello che c’è scritto sui manuali di sicurezza, sulle norme internazionali e soprattutto nel libro della logica, il migliore da consultare in tutte le situazioni più delicate.
La Jolly Marrone, che navigava da Mombasa verso Gibuti quando è stata assaltata dai pirati, è scappata. Macchine avanti tutta, venti nodi su mare calmo e tutti sottocoperta, per evitare di farsi male. Raccontata così, sembra una cosa da niente. Eppure ieri mattina, verso le 10.30, la paura a bordo c’è stata. L’ufficiale di coperta ha visto due piccole barche bianche, scoperte, che si avvicinavano a grande velocità verso il «colosso» di 200 metri, carico di container e acciaio. Non era pensabile un arrembaggio vecchia maniera, con il pugnale tra i denti e la bandiera nera issata sull’albero maestro. Ma i pirati dei tempi moderni usano armi sofisticate e pericolose. Le hanno tirate fuori quando sono state sotto bordo alla Jolly Marrone. Fucili automatici e mitragliatrici erano puntati verso il ponte di comando. Uno dei sei predatori ha mostrato anche un grosso tubo che aveva tutta l’aria di essere un bazooka. «Non ne abbiamo la certezza - spiega l’armatore Stefano Messina -. Di certo non è stato usato. Per fortuna è andato tutto bene, nessuno si è fatto male. Anche i danni allo scafo sono praticamente inesistenti e la nave ha infatti proseguito la sua rotta».
Sì, perché il comandante Mazzocchi ha tirato dritto, ha ordinato ai suoi uomini di mettersi al riparo e ha compiuto qualche manovra che ha messo più in pericolo i pirati che la sua stessa nave. Una reazione che ha spinto gli assalitori a sparare contro la nave in fuga. Ma dopo un lungo inseguimento durato otto miglia, anche i predatori dei mari africani si sono arresi.
Dalla Jolly Marrone era tra l’altro partito l’allarme internazionale per mettere in guardia tutte le navi circostanti e per avvertire le autorità marittime. A bordo le misure di sicurezza sono state più che sufficienti a scongiurare qualsiasi tipo di pericolo per l’equipaggio, rimasto sorpreso dall’assalto. Proprio per evitare situazioni del genere infatti le navi della Messina scelgono rotte lontane dalle coste, visto che i pirati muniti di barche piccole e leggere difficilmente si avventurano tanto al largo. Ma ieri, approfittando del mare calmo e dell’assenza di forti monsoni, ci hanno provato. Un arrembaggio andato male, perché il comandante Mazzocchi non si è arreso. I dettagli di una storia dal sapore antico, che raccontata via radio dai protagonisti sembrava addirittura banale, verranno fuori il 3 agosto, quando la Jolly Marrone attraccherà a Genova.

Con la sua prua ammaccata dai proiettili dei pirati.

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