Pisanu espelle Daki: «Assolto, ma pericoloso»

Allontanato anche un altro islamico. Il ministro: «Gravi indizi pur in assenza di una condanna»

Pisanu espelle Daki: «Assolto, ma pericoloso»

Anna Maria Greco

da Roma

Per la giustizia italiana Mohammed Daki non è colpevole di terrorismo, ma per il ministero dell’Interno resta un elemento «pericoloso». Tanto, da rimpatriarlo «per motivi di sicurezza e di ordine pubblico».
Così, all’alba di sabato il quarantenne marocchino assolto per la seconda volta in appello due settimane fa, è stato prelevato da agenti della Digos dal dormitorio della Caritas di Reggio Emilia (dove aveva l'obbligo di dimora e di firma) ed è stato portato all'aeroporto di Malpensa, per imbarcarsi su un aereo con destinazione Casablanca. Mancava dal Marocco da 10 anni e non aveva permesso di soggiorno in Italia.
Preoccupato, il suo legale Vainer Burani dice che non se n’è saputo più nulla dopo che, verso le 17, è stato portato in una caserma della polizia locale. E protesta: «Il provvedimento, dopo un'assoluzione, sa molto di rivalsa per quello che Daki ha dichiarato, e cioè di essere stato sottoposto a interrogatori illegali da parte di agenti dell’Fbi. Se volevano chiarire la vicenda non l'avrebbero espulso. E poi, in Marocco non è garantito il rispetto dei diritti umani». Il legale è riuscito a raggiungere telefonicamente in Marocco il fratello dell' espulso, che a sua volta avrebbe sostenuto di non sapere dove si trova. Il Viminale conferma l'espulsione di Daki, di cui è stata informata anche la procura di Milano, e di un altro sospetto terrorista: il tunisino Gharsellaoui Mohamed Akremi che sarebbe stato rimpatriato dalla Digos di Varese. «Sul conto di entrambi - spiega il ministro Giuseppe Pisanu - sono stati accumulati e valutati scrupolosamente gravi indizi ed elementi probatori non sufficienti alla magistratura per una sentenza di condanna, ma più che sufficienti al ministro dell'Interno per stabilirne la pericolosità». Il rimpatrio è avvenuto in base alla legge di luglio sulle «misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale», che impedisce alla magistratura di opporsi al rimpatrio di un imputato (com’è già avvenuto a febbraio per Daki), anche nel caso di ricorso al Tar. Pisanu, che ha già espulso 24 sospetti terroristi di cui 8 in base a questa norma, è convinto che sia la strada giusta. «Su questa linea - dice - intendo procedere con la massima prudenza e nel rispetto rigoroso delle decisioni della magistratura, avendo a cuore innanzitutto la sicurezza degli italiani».
Mentre la Cdl lo applaude, dall’opposizione arrivano le prime critiche: Paolo Cento, dei verdi, parla di «nuova svolta autoritaria» del governo e chiede a Pisanu di riferire in Parlamento, mentre il Prc Giuliano Pisapia accusa il ministro di «sudditanza agli Stati Uniti», definendo il provvedimento «inaccettabile», perché era necessario approfondire le accuse di Daki, che hanno trovato «precisi e incontestabili riscontri». Accuse che hanno coinvolto anche il magistrato Stefano Dambruoso (nella stanza dell’allora pm milanese sarebbero avvenuti nel 2003 minacciosi interrogatori dell’Fbi senza difensore) e che Daki ha lanciato solo dopo l’assoluzione della Corte d'assise d'appello di Milano anche per il reato minore. Arrestato ad aprile 2003 a Reggio Emilia, con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata al terrorismo internazionale, il marocchino era sospettato di avere organizzato con altri «fratelli» (anch'essi arrestati e condannati a 3 anni), una cellula dipendente da Al Zarqawi, procurando documenti falsi, reclutando islamici per l’addestramento in Irak e raccogliendo finanziamenti per la causa. Daki avrebbe avuto contatti con Ramzi Binalshibh, l’ideatore dell’attentato dell'11 settembre e con uno dei kamikaze, Mohamed Atta (frequentavano la stessa università ad Amburgo).

A gennaio l’ha assolto tra le polemiche in primo grado il gup Clementina Forleo, distinguendo tra «terroristi» e «guerriglieri», condannandolo però a un anno e 10 mesi per ricettazione di documenti falsi. Finita di scontare la pena nel carcere di Como Daki è ritornato a Reggio, in attesa della seconda assoluzione. Anche allora Pisanu firmò un decreto di rimpatrio. Inutilmente. Stavolta, invece, c’è riuscito.

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