Pisanu: sulla Tav ancora rischi di violenze

«Caduti i confini tra manifestanti pacifici e gruppi eversivi. Niente scuse agli aggressori»

Anna Maria Greco

da Roma

Due fronti da tenere sotto controllo, quello in Val di Susa e quello delle prossime Olimpiadi invernali. Il ministro dell'Interno, Giuseppe Pisanu, riferisce in Parlamento sugli ultimi scontri per la linea ad Alta Velocità Torino-Lione e avverte che «non sono scongiurati» i rischi di ulteriori violenze. Ma aggiunge che il governo non rinuncerà alla linea del dialogo.
Per Pisanu la violenza in Val di Susa andava «fronteggiata» e non «subita», anche perché altrimenti sarebbero aumentate le minacce sul grande appuntamento sportivo torinese. C’è un’efficiente macchina della sicurezza, ma non sono «trascurabili le minacce dell'estremismo e del terrorismo interno». Mentre per quello internazionale il titolare del Viminale assicura che finora né in Italia né all'estero è stato colto «alcun apprezzabile segnale di minaccia esterna».
La protesta per la Tav, metteva dunque in pericolo anche l’ordinato svolgimento delle Olimpiadi della neve, per Pisanu. Particolarmente dall’8 dicembre, quando sono stati superati «i confini» tra manifestanti pacifici e gruppi eversivi. Una pericolosa commistione che ha portato la protesta «ben oltre la prevedibile veemenza», dice il ministro alle Camere.
Pisanu chiede scusa ai cittadini pacifici coinvolti negli scontri con la polizia, ma difende le forze dell'ordine, che nel giorno dell’Immacolata «hanno dovuto rinunciare alla difesa del cantiere di Venaus per evitare incidenti di imprevedibile gravità. Come dimostrano «i 17 tra feriti e contusi delle forze dell'ordine nonché le devastazioni subite dal cantiere Tav e dai mezzi della polizia e dei carabinieri». Le scuse a chi è stato danneggiato incolpevolmente, sottolinea Pisanu, non vanno agli aggressori «che erano almeno mille, né tanto meno a chi più o meno volontariamente li ha coperti». Insomma, non sono un’ammissione di aver «sbagliato il metodo». L'esigenza di ripristinare la legalità e di consentire al cantiere di installarsi, per il ministro, era indispensabile per avviare il dialogo istituzionale, impossibile se si fosse riconosciuto «uno stato di illegalità, costituito dalle barricate erette per evitare che i cantieri potessero essere recintati». Per Pisanu la Val di Susa «non è stata militarizzata», si è solo agito per la prevenzione dei danni più gravi. E questi ultimi sono stati evitati.
Ora, è necessaria da una parte un’«alta vigilanza» e dall’altra «prudenza» nei comportamenti da parte dei rappresentanti dello Stato, per salvaguardare il quadro generale della sicurezza e dell'ordine pubblico. Il ministro è convinto che ancora oggi serpeggino «propositi di rivalsa, specialmente nei confronti di coloro che si sono aperti al dialogo e alla leale collaborazione con le istituzioni».
Malgrado la precisazione del ministro, il leader dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio legge nelle sue parole un riconoscimento degli «errori commessi» e le scuse «con i cittadini inermi per le manganellate ricevute a Venaus».

Il Pdci torna a chiedere una commissione d’inchiesta sui fatti di Venaus. Mentre Maurizio Saia e Filippo Ascierto di An accusano: è assurdo questo ribaltamento di ruoli e fatti, con le accuse alle forze dell'ordine «delle violenze, causate invece da esponenti dell'area antagonista».

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