«Tutto avrei pensato, fuorché di dover passare le notti in aula per aumentare le tasse». La verità l’ha detta un consigliere della sinistra-sinistra quando ormai arrivava l’alba, dopo la maratona in consiglio comunale per varare la manovra sanguisuga del neo sindaco Giuliano Pisapia che prevede il balzo dei biglietti Atm a 1,50 euro e l’introduzione dell’Irpef, una tassa che le amministrazioni del centrodestra finora ai milanesi avevano risparmiato. Primi scricchiolii anche nella sua squadra che, ieri, hanno convinto il sindaco a diffondere una lettera ai milanesi per spiegare le sue «scelte difficili». La colpa delle nuove tasse e dell’aumento delle tariffe? Ovviamente non di Pisapia, ma dell’amministrazione Moratti e del governo. Perché, ripete ancora una volta, «il bilancio che abbiamo trovato era un bilancio non veritiero». Ormai vecchia polemica sulla possibilità o meno di vendere le azioni di società partecipate dal Comune come Sea e Serravalle a cui la Moratti ha già più volte risposto. «Come - attacca Pisapia - se nel vostro bilancio casalingo ci fosse il corrispettivo del servizio buono di piatti che però dovete ancora vendere». La Moratti, il suo affondo, «aveva annunciato 48 milioni di attivo mentre c’era un disavanzo di 186 milioni di euro». A questo si aggiunge «la manovra del governo che, per superare le difficoltà dello Stato, ha spostato nuovi oneri sui Comuni. A Milano questa manovra costerà 100 milioni di euro». Per non parlare dei vincoli del famigerato Patto si stabilità. «Sono cifre impressionanti. Ma dietro quei numeri che possono sembrare astratti si nascondono cose molto concrete: il posto all’asilo nido, il bonus per i bambini, la ristrutturazione della case popolari che oggi sono sfitte e che vogliamo mettere sul mercato, i pasti a domicilio per gli anziani, i contributi attraverso il Fondo anticrisi alle persone in difficoltà. Se non risanassimo, non potremmo nemmeno pagare i fornitori del Comune; dovremmo cancellare lo sportello imprese; non saremmo in grado di sostituire i 42 “ghisa” che a settembre andranno in pensione; saremmo costretti a tagliare il 10 per cento delle corse dei mezzi dell’Atm». Inevitabile, dunque, l’introduzione di una nuova tassa come l’Irpef. «Non avevamo altre strade», scrive Pisapia promettendo in cambio una «seria e severa lotta all’evasione». Anche perché se è vero che «oltre il 70 per cento dei milanesi non pagherà l’Irpef», è chiaro che fra questi molti sono gli evasori. Durissimo l’ultimo capoverso che traccia un solco che renderà ben difficile qualunque collaborazione con il centrodestra. Perché Pisapia dice con asprezza di non essere «disponibile ad accettare lezioni da chi ha impoverito la città e imbrogliato i milanesi».
Di «lettera farsa» e di un «disco rotto che continua a raccontare bugie ai milanesi che, però, non sono degli allocchi e assistono a una stangata mai vista a Milano», parla il vice presidente del consiglio comunale Riccardo De Corato. Non c’era alternativa? «Falso - ribatte De Corato - Abbiamo dimostrato che non solo i revisori dei conti hanno certificato il Bilancio Preventivo 2O11, ma c’era allegato al Bilancio una "pila di fogli" come ha detto Tabacci in consiglio, in cui c'erano quegli interventi strutturali che nel caso non si fossero vendute le quote della Serravalle e non ci fosse stata la quotazione in Borsa della Sea, si sarebbe cominciato a dismettere alcune sedi storiche del Comune come Palazzo Beccaria, sede dei Vigili, si era trovata un’ampia sede in viale Jenner o come la sede dell’ex ufficio elettorale in corso di Porta Romana e altri immobili di pregio nel centro storico».
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