RomaAntonio Di Pietro è sfuggito già una volta allaccusa di vilipendio al capo dello Stato. Quando a gennaio, a piazza Farnese, attaccò Giorgio Napolitano parlando di giustizia e mafia, la procura di Roma archiviò la denuncia del presidente dei penalisti, Oreste Dominioni. Ma adesso i pm capitolini hanno deciso diversamente e il leader dellItalia dei valori si ritrova indagato per lipotesi di reato di offese al prestigio del capo dello Stato, insieme al direttore di Libero, Maurizio Belpietro.
Due casi e due sponde diverse, naturalmente. Se il parlamentare ha bollato la firma di Napolitano al provvedimento sullo scudo fiscale come un «atto vile», il giornalista lo ha accusato di non essere rientrato subito in Italia dalla missione in Giappone, causando lo slittamento dei funerali dei militari morti in Afghanistan.
Su ambedue le questioni dovrà, innanzitutto, decidere il Guardasigilli Angelino Alfano, con un parere vincolante alle autorizzazioni a procedere chieste dalla Procura. Il ministro è a Bruxelles quando arrivano le carte a via Arenula, ma assicura: «Deciderò presto, appena letta la relazione che tra breve farà arrivare sul mio tavolo la direzione generale per gli Affari penali del ministero. Io ovviamente sono rispettoso delle richieste dei magistrati e del lavoro dei miei uffici: fatemi leggere le carte e poi deciderò». Intanto, ambienti del Quirinale tengono a rimarcare che «la presidenza della Repubblica è totalmente estranea sia a iniziative giudiziarie sia ai procedimenti di autorizzazione a procedere per il reato di offesa allonore e al prestigio del capo dello Stato». La prassi di un suo «pronunciamento preventivo», si spiega, non è più in atto dal 1993.
E Di Pietro, come già fece a gennaio, subito invoca il processo come un lavacro purificatore, chiedendo ad Alfano di autorizzare il suo processo. «Accetto la verifica del giudice, questo pronunciamento sarà una pietra miliare per individuare il limite del diritto di critica a una istituzione quando non se ne condividono gli atti. Non mi avvarrò di alcuna richiesta di tutela parlamentare, chiederò che sia il giudice ad esprimersi nel merito e quale che sia la decisione la rispetterò e non la denuncerò mai come una valutazione politica». Belpietro, da parte sua, precisa: «Non era mia intenzione offendere nessuno, ma esercitare solo il diritto di critica». Il direttore di Libero si riferisce al suo articolo intitolato «La dignità dello Stato non vale un fusilotto».
«Il capo dello Stato non si tocca - tuona il leader dellUdc Pier Ferdinando Casini -, perché rappresenta tutti gli italiani». Riguardavano il Papa, invece, le offese a piazza Navona per cui fu indagata Sabina Guzzanti. A settembre dellanno scorso il ministro della Giustizia non concesse lautorizzazione a procedere alla procura capitolina e lei sfruttò loccasione per chiamare Vilipendio il suo spettacolo.
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