«Il magistrato è un custode dei diritti. Nostro è il compito di far rispettare la legge, perché i reati vanno perseguiti». Così parlò Giuseppe Marabotto. Era il 2005, e lallora procuratore di Pinerolo raccontava al Giornale del Piemonte che «le norme del diritto talvolta si incrociano con i principi della morale. La religione dice di non rubare perché è peccato, il Diritto lo dice perché rubando si invadono le libertà altrui». Quattro anni dopo, lipse dixit suona come la stecca di un primo violino. Perché Marabotto, ieri, ha dovuto spiegare dellaltro. E non a un giornale, ma ai pm che ne hanno chiesto larresto per un vortice di consulenze «inutili» e «pretestuose» disposte dal suo ufficio, e con cui avrebbe intascato più di 3 milioni di euro. Associazione per delinquere, corruzione, truffa. Non male, per un «sacerdote» della giustizia.
E così, lex procuratore - già fustigatore del calcio scommesse e ospite illustre al «Processo» di Biscardi - ha confessato. Almeno in parte. Ha ammesso i reati che gli sono stati contestati, ma «il sistema delle consulenze aveva la finalità di combattere levasione». Solo che «poi mi è sfuggito di mano». Così ha spiegato ai pubblici ministeri Maurizio Romanelli e Stefano Civardi, titolari dellinchiesta. E poi, è vero che intascava la tangente sugli incarichi affidati ai consulenti. Ma - dice - lui il sistema non lha mai organizzato o gestito in prima persona, e inoltre non prendeva il 30 per cento del costo della perizia ma solo il 10, in una busta che gli consegnava il medico Dario Bizzotto, anche lui in carcere assieme ai commercialisti Ruggero Ragazzoni e Mario Emanuele Florio. Insomma, sostiene che il suo «tesoretto» è un po meno ricco di quanto sospettano gli investigatori. E tanto per non sbagliare, ha indicato dove trovarlo. È tutto in un conto aperto in una banca di Montecarlo.
Finito linterrogatorio, Marabotto è tornato nel penitenziario di Pavia.
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