Il pm non si accontenta della punizione di Preziosi

Il documento porta la data del 9 maggio 2007. Quattro giorni prima il Genoa aveva vinto a Frosinone e tre giorni dopo avrebbe affrontato in casa la Triestina per portare avanti la volata verso la serie A. Giornate decisive, delicate, di massima tensione sportiva. Il 9 maggio Alberto Lari, pubblico ministero genovese, firmava la sua «dichiarazione di appello avverso la sentenza numero D1180». Cioè chiedeva al giudice di secondo grado di cancellare quella pena troppo «leggera» (4 mesi e multa di 400 euro) per Enrico Preziosi e gli altri accusati per la partita Genoa-Venezia, e di renderla più «proporzionata e congrua rispetto ai parametri indicati» dal codice penale. La serie C per una squadra appena promossa in A, il dissesto finanziario subito, una condanna comunque ottenuta in sede penale non sono cioè sufficienti per Alberto Lari. Che, almeno a giudicare dalla firma unica in calce alla richiesta, stavolta è solo nel portare avanti questa battaglia. Accanto al suo non c’è il nome del collega Giovanni Arena, né la controfirma del procuratore capo Francesco Lalla o di un procuratore aggiunto a sostenere la richiesta.
Alberto Lari chiede alla Corte d’Appello anche di condannare, diversamente dall’assoluzione in primo grado, Michele Dal Cin, all’epoca direttore generale del Venezia. Ma è su Enrico e Matteo Preziosi, Stefano Capozucca, Franco Dal Cin e Giuseppe Pagliara che Lari non si accontenta. Pur avendo chiesto in primo grado una pena di otto mesi (il doppio) che comunque non avrebbe fatto differenza, visto che sarebbe stata coperta ugualmente dall’indulto. «È evidente che la pena è sicuramente inferiore alla gravità del fatto contestato (si trattava della partita decisiva per ottenere la promozione nel massimo campionato) - osserva il pm -, ai motivi a delinquere (il presunto tentativo di illecito del Torino calcio è meno che presunto e non dimostrato), alla notevole capacità a delinquere dimostrata (contatti telefonici continui, incontri, preparazione del reato con giocatori convinti a restare a casa), all’intensità del dolo (di grado massimo), al comportamento successivo al reato (nessun ravvedimento)». Sembra roba da associazione a delinquere. Ma è stato lo stesso Lari, quella volta sì insieme al collega Arena e al procuratore capo Lalla, ad aver ammesso che l’accusa grazie alla quale erano state ottenute le intercettazioni decisive, non stava in piedi. Tra l’altro pochi giorni fa il giudice per le indagini preliminari aveva già confermato che il resto dell’inchiesta da cui era nato il caso Genoa-Venezia non meritava neppure il processo, archiviando tutto, eccezion fatta per Preziosi e gli altri dirigenti. La gravità dei fatti sembra dimostrata anche dalla richiesta di Alberto Lari di «partecipare al successivo grado di giudizio».

Di norma in appello l’accusa viene sostenuta dal sostituto procuratore generale. Il pm iniziale può chiede in genere di essere lui a continuare il procedimento per reati gravi, speciali. Dev’essere senz’altro questa la motivazione per cui Lari chiede di continuare in prima persona contro Preziosi.

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