Cronaca locale

Un po’ Nerone, un po’ Ben Hur Torna Brachetti dai mille volti

Il protagonista cambia veste: ottanta costumi in cento minuti, ma non imita la gente famosa

Valentina Fontana

Tanti riccioli grigi arruffati, un abito nero appeso su un corpo troppo snello, un accento decisamente francese. Gill Petit, presidente del festival «Juste pour Rire di Montreal», parla del suo primo incontro con Arturo Brachetti, «il più grande attore trasformista del mondo». Ci vuole un secondo per crederci, la voce cambia, il vestito nero ora è giallo fluorescente, l'espressione muta, la trasformazione è avvenuta e subito l'eclettico attore torinese mostra il suo volto, «il volto peggiore, quello che porto nella vita». Un altro secondo e Brachetti ci inserisce nella scenografia dell'ultima versione del suo spettacolo L'uomo dai mille volti firmato da Serge Denoncourt, che lo riporta in Italia dopo oltre otto anni il 22 ottobre in prima nazionale al Teatro della Luna.
Un secondo dunque per trovarci in un solaio pieno di bauli, giochi e ricordi d'infanzia. Qui torna il quarantenne Arturo dopo la morte della madre per svuotare tutto e liberarsi di inutili oggetti. Facile a dirsi ma non a farsi.
«Il ritrovamento della scatola dei giochi, lo scrigno di Amelie Puolin e del suo favoloso mondo, l'infanzia che torna galoppante - spiega Brachetti -, provocano un sorprendente cambiamento: Arturo ritorna nel mondo della fantasia che credeva aver dimenticato. Eccolo diventare Spiderman, Pinocchio, vari pupazzi e persino Barbie. Poi la voce della madre - quella di Sandra Mondaini - esce dalla borsetta rossa, accompagnando Arturo nel suo viaggio, in un mondo nel quale non si ha più certezza dei limiti della realtà e dell'immaginazione: il nonno violinista a tre braccia, la giungla di animali fatti con la luce della luna, le marionette che prendono vita».
Ecco allora il solaio stesso ripiegarsi e diventare un'enorme scatola di giochi, che ruota sul palco e di cui Arturo sembra prigioniero. Il tempo sembra essersi fermato, mentre un orologio gigantesco scandisce la metamorfosi delle stagioni.
D'un tratto il viaggio continua nel cinema hollywoodiano dove Brachetti alterna in pochi secondi trenta personaggi dei kolossal. Un Nerone che incontra Cleopatra che conosce Rossella O’Hara e che bacia Ben Hur. Wanda Osiris che abbraccia Carmen Miranda. Esther Williams che nuota mentre 007 sparisce in modo rocambolesco. E poi ancora in un batter d'occhio arriva Gene Kelly, Liza Minelli, King Kong, Frankenstein, Charlie Chaplin.
«E anche se è difficile da credere, - scrive Kolnishe Rundshau - è solo un uomo in scena che in pochi secondi riesce a trarre l'essenza di ogni personaggio: un costume, una posa, un'espressione facciale, qualche volta una singola frase è abbastanza per evocare la leggenda che Brachetti sta personificando... Brachetti è un virtuoso che fa innamorare».
L'uomo dai mille volti, quegli ottanta volti in cento minuti, in soli quattro anni ha infatti fatto innamorare più di un milione di persone in Canada, negli Stati Uniti, in Francia, in Svizzera, in Belgio e in Germania. «Io non faccio imitazioni di personaggi famosi, le mie sono evocazioni. Cambiare personaggio significa cambiarsi d'anima, non solo un costume, una voce o un trucco. La gente ama lo spirito dello spettacolo, è presa da questo trip di sogno, di idee surrealiste».
Il viaggio nei sogni di Arturo senza età, nel fanciullo che c'è in ognuno di noi, si conclude quando Arturo apre la borsetta della mamma e tra vecchie foto trova una di lui a otto anni al circo Orfei vicino a Federico Fellini. «Da grande voglio diventare come te», dice Arturo.

Così Fellini: «Se tu vuoi essere come me non devi mai diventare grande».

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