«La poesia istantanea non morirà mai»

«La Polaroid non finirà. Sarebbe assurdo». Non ha dubbi Maurizio Galimberti, artista e fotografo di fama internazionale che a quei sessanta secondi che intercorrono tra lo scatto dell’otturatore e lo sviluppo della foto ha dedicato gran parte della sua carriera: la Polaroid continuerà a vivere, in un modo o nell’altro.
Cosa le dà questa sicurezza?
«Il fatto che la Polaroid sia ancora molto usata e amata. I miei lavori sono un esempio di utilizzo nel campo artistico, ma anche molti fotografi professionali ne sfruttano quotidianamente le potenzialità».
Ma non è una tecnologia vecchia? Insomma, ora non si fa tutto con le digitali?
«Per carità. Nella piattezza del mondo delle immagini digitali, la Polaroid è una potenza. Ha sangue, spessore, rappresenta l’urlo della materia ripresa nella sua unicità».
Sì, però ora hanno annunciato la fine della produzione delle pellicole.
«Solo l’ignoranza artistica delle alte sfere dell’economia può spiegare una decisione simile. Se alla guida delle industrie e dei distributori di materiale fotografico ci fossero dei fotografi o comunque degli addetti ai lavori, una cosa del genere non sarebbe neanche stata presa in considerazione. Ma come ho detto non mi preoccupo troppo».
Perché?
«Sicuramente la produzione non finirà, anzi: come molti altri oggetti di culto che hanno uno zoccolo duro di appassionati, anche la Polaroid, adesso che ne è stata annunciata la fine, aumenterà le vendite. Probabilmente verranno ceduti i diritti a qualcuno che continuerà a produrre le pellicole».
Già, le pellicole. Lei è l’autore più famoso al mondo a utilizzarle, e quindi non ha certo di questi problemi. Ma nell’ottica del mercato normale, non costano troppo?
«Non sono certo economiche; ma pensate a quanto costa una digitale, un computer per elaborare le foto e la stampa finale. Non si arriva a una cifra tanto inferiore: si spende uguale senza ottenere quello che ti assicura la Polaroid, qualcosa di unico».
Cosa?
«Il sangue. La Polaroid ha sangue. È viva. I colori, per esempio. Provate a scattare senza flash e vedrete che otterrete toni e sfumature che nessuna reflex o digitale può dare. E poi, nell’era della riproducibilità totale, la Polaroid è e rimane sempre unica. È qualcosa di magico: pensate a un ragazzo che fotografa la sua amata con una Polaroid. Avrà tra le mani qualcosa di non copiabile, che non correrà mai il rischio di finire in internet. Ci sono ben pochi regali belli quanto una Polaroid donata alla propria ragazza».
Sono proprio i giovani però quelli che maggiormente ingrossano le file dei fotografi digitali. Che consigli darebbe a un ragazzo che volesse avvicinarsi al mondo della Polaroid?
«Di cercare l’emozione del fotografare.

Di capire che con un apparecchio a prima vista essenziale - non c’è neanche lo zoom - si può arrivare al massimo della personalizzazione dello scatto. A esempio, se vuoi allargare il campo ti devi allontanare tu stesso. E ogni passo all’indietro fatto, la passione ti avvolge sempre più».

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