Miyama, quindici anni e una nuova immagine

Il ristorante giapponese di Cristina Hu e Daniele Zhang in zona San Siro a Milano ha riaperto dopo una ristrutturazione curata da Naos Design che ha reso gli spazi più eleganti e verticali, tra leggerezza nipponica e matericità italiana. La cucina, sempre curata da Takashi Kido, è ancora più evoluta, soprattutto negli antipasti caldi e freddi e nella selezione di sushi

Miyama, quindici anni e una nuova immagine

“Dopo quindici anni abbiamo scoperto di avere voglia di cambiare tutto, di rendere il nostro locale un posto più bello e accogliente”. Un desiderio, non una necessità, dal momento che Miyama, il ristorante di Cristina Hu (è lei che parla) e del marito Daniele Zhang, aveva già un suo pubblico affezionato e molto soddisfatto. Ma le cose più belle sono quelle che si fanno per amore, per istinto, non per ragionamento. E così Miyama, forse il più noto ristorante giapponese della periferia ovest della città (è in zona San Siro, a circa un chilometro dallo stadio, al numero 1 di via Caldera), ha oggi una nuova veste che ne rafforza l’immagine di sushi house, elegante e familiare. “Sviluppando e raffinando la proposta della nostra carta – aggiunge Cristina – ci siamo resi conto che servivano innanzitutto delle cucine più grandi e meglio organizzate, sia per i caldi sia per la lavorazione dei crudi e del sushi. Ma il nostro vero desiderio era poter fare un regalo ai clienti di Miyama, rendendo il ristorante sempre più comodo e bello”.

Miyama è stato sottoposto a una profonda ristrutturazione, curata dallo studio di architettura Naos Design, che ha puntato su un’immagine verticale. Miyama si sviluppa infatti su due livelli: al piano terra si trovano le cucine, il banco sushi, una prima sala con il bar, una seconda sala più appartata e una veranda affacciata sul giardino mentre al primo piano si trova una sala divisa in due ambienti piuttosto intimi.

Il progetto di Naos Design vuole conciliare l’essenza spirituale del Giappone, con elementi leggeri e geometrici che scandiscono lo spazio con fluidità e naturalezza, con la matericità tipicamente italiana, grazie all’utilizzo del travertino in diverse declinazioni, del legno di rovere e del metallo nella finitura Champagne. Un mix che crea uno spazio vivo ed elegante in cui l’architettura non si impone ma accompagna con spontaneità l’esperienza gastronomica. “Un nuovo equilibrio – spiega Dario Alessi, fondatore di Naos Design - tra Oriente e Mediterraneo: una celebrazione della verticalità, della luce e del dialogo con la natura.” Fondamentale è infatti la connessione con l’ambiente esterno: il giardino giapponese, visibile dalle ampie vetrate della veranda, la sua vegetazione curata e l’illuminazione a piantana gli conferiscono un ruolo centrale e simbolico, evocando l’ospitalità d’hotellerie dal lusso discreto e avvolgente.

Piatti di Miyama

E poi naturalmente c’è la cucina, che ha vissuto anch’essa un processo di affinamento. La carta è stata rinnovata senza però tradire i punti di forza dei Miyama, che sono la lavorazione del sushi e certi piatti caldi talvolta molto originale. Cristina e Daniele lavorano da anni con Takashi Kido, uno chef consulente che ha studiato una proposta al contempo tradizionale e ortodossa ma adatta ai gusti sofisticati dei milanesi.

Nella mia visita di poche sere fa, ho iniziato con uno dei piatti caldi a cui accennavo prima, l’Ebirenkon Hasami Age, una radice di fiore di loto ripieno di gamberi, guarnito con alga nori, shiso e maionese sul fondo. Un piatto estremamente gustoso e che, tiene a specificare Cristina, “a Milano facciamo solo noi”. Poi arrivano due Ostriche, entrambe gillardeau, la prima cruda con salsa ponzu e la seconda fritta impanata nel pane panko e accompagnata da una salsa okonomi.

Poi entriamo nel territorio prediletto da Miyama, quello del pesce crudo. Dapprima due carpacci: uno di salmone agli agrumi, con pepe rose, crema di avocado, olio agli agrumi e scaglie di finocchio e l’altro di otoro, ovvero la ventresca di tonno con salsa al sesamo bianco, fili di porro e gelé di soia e di erba cipollina. Poi - dopo un piacevole intermezzo con dei Gyoza, ovvero dei ravioli, con il ripieno di manzo e Wagyu in due versioni, una con il semplice accompagnamento di una salsa e l’altro con tartufo e jalapeno (ma senza salsa) – ecco gli Uramaki: ne arrivano alcuni con gambero impanato, topping di capesante e gambero crudo, aglio nero tartufo e jalapeno e altri (entusiasmanti, devo ammetterlo) con astice, tempura di gambero, carpaccio di avocado e carpaccio di astice, il tutto accompagnato da patatine julienne.

Miyama, la sala

C’è tempo per un piccolo colpo di scena: arriva in tavola un piatto tutto nero: una Tempura nera di calamari al nero di seppia con una salsa aïoli nero con yuzu. E poi resta spazio solo per un dolce, il Giardino di Miyama, un pan di Spagna al tè verde con gelato di riso, lamponi e marmellata di azuki, un legume giapponese.

Naturalmente nel menu c’è molto altro, dagli Involtini di branzino alle Hotate Butter Itame (capesante scottate, asparagi, funghi shiitake, salsa di soia e burro) gino al Chawan Mushi, un budino salato di uova al vapore, gambero, fungo, edamame, spinaci e tartufo nero, ricetta giapponese di casa, tanto confortevole quanto delicata.

La carta dei vini, curata personalmente da Daniele, che è un sommelier diplomato, punta molto sull’Italia con 130 etichette. C’è poi una selezione di sakè e di whisky.

Miyama, via Caldera 1. Tel 0223163855, info@miyama.it. Coperti 80. Prezzo medio 20 euro a pranzo e 70 a cena. Chiuso la domenica.

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