Politica

La Poli Bortone: «Pronti a boicottare i prodotti padani»

Roma Beffe d’agosto. L’uscita estiva di Umberto Bossi sull’Inno di Mameli che «non conosce nessuno» ha finito per restituire smalto a «Fratelli d’Italia», con una lunga teoria di interventi sulla polemica del giorno, risolti in una quasi generale alzata di scudi pro inno. Il bello è che lo stesso Senatùr ieri ha rettificato il suo pensiero, dicendo di essere stato travisato dai giornali che «d’estate non vendono e quindi fanno qualche forzatura». «Ho detto che ero commosso - ha spiegato Bossi - per il fatto che i padani conoscessero benissimo l’inno della Padania, “Va’ pensiero”. Da lì uno può fare dietrologia: se cantano “Va’ pensiero” sono contro “Fratelli d’Italia”, ma non è così». Ma il ritocco non spegne le polemiche. C’è chi addirittura intravede nella critica all’inno di Mameli «una tattica di secessione strisciante» per «disgregare il Paese», come fa Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma. C’è chi, come la primatista italiana di salto in alto Antonietta Di Martino, ricorda di essersi fatta smaltare le unghie con il tricolore e, quanto all’inno, spiega di cantarlo ogni volta che è sul podio: «L’ho imparato a memoria alle scuole medie, lo so a memoria e mi va benissimo così». Piuttosto critici anche i giudizi targati Pdl. Se per il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto «dialetti, bandiera e inno» sono temi «sostanzialmente immodificabili» e di certo «nemmeno sfiorati nel programma del governo», il sindaco di Roma Gianni Alemanno disinnesca la questione parlando di «boiata estiva». Va oltre l’ex ministro delle Risorse agricole Adriana Poli Bortone, che invita a boicottare i prodotti della Padania, ma viene criticata sia dall’attuale titolare del dicastero, il leghista Luca Zaia («farneticazioni deliranti») che dalla senatrice del Carroccio ed ex vicesindaco di Lampedusa Angela Maraventano. E così l’unica sponda di solidarietà con il leader della Lega arriva da chi non t’aspetti, ossia Vladimir Luxuria, ex parlamentare: «Criticare il testo dell’inno d’Italia è legittimo e non può considerarsi un atto di dissacrazione», spiega Luxuria.

Che però non apprezza «Fratelli d’Italia» per motivi diversi da quelli del Senatùr: «I costumi - conclude - sono cambiati: servirebbe un nuovo inno che saluti un’Italia pacifica composta anche da sorelle d’Italia, gay, lesbiche e trans non esclusi».

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