Ex Ilva, cig più vicina per 4mila lavoratori

Vertice il 28 agosto, ma manca la convocazione

Ex Ilva, cig più vicina per 4mila lavoratori
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In attesa di capire se per l'ex Ilva di Taranto siamo davvero a una svolta, sui lavoratori del gruppo incombe la minaccia di un aumento della cassa integrazione. Acciaierie d'Italia, in amministrazione straordinaria, ha presentato richiesta di ammortizzatori sociali per altri mille dipendenti, dopo l'incidente e il sequestro dell'Afo 1. L'incontro al ministero del Lavoro sulla richiesta è slittato più volte ma. Secondo fonti sindacali, potrebbe ora essere fissato per il 28 agosto. Al momento, però, non è ancora arrivata la convocazione ufficiale. La domanda complessiva dell'azienda riguarda la cig fino a 4.050 lavoratori, dei quali 3.500 nello stabilimento di Taranto, su un totale di poco meno di 9.800 addetti complessivi del gruppo. Il ministro Adolfo Urso (in foto) continua a rassicurare che il governo farà la sua parte, ma ai sindacati non bastano le promesse. La segretaria confederale della Uil Vera Buonomo chiede «risposte concrete». Il giorno dopo la possibile riunione sulla cig, il 29 agosto, i sindacati incontreranno i gruppi parlamentari nella sede di Fim, Fiom e Uilm di Roma per discutere lo stato della vertenza. Hanno aderito quasi tutte le forze politiche, di maggioranza e opposizione. L'ora della verità è, comunque, rimandata a settembre. L'intesa preliminare del 12 agosto tra governo ed enti territoriali sulla decarbonizzazione di Taranto ha spostato le decisioni principali a dopo il 15 settembre, quando saranno state presentate le offerte vincolanti e i piani industriali dei possibili acquirenti. A quel punto, Urso assicura che i tempi saranno serrati (ma lo ha detto tante volte senza grande esito). In ogni caso, l'obiettivo indicato dal ministro è consegnare gli impianti al nuovo investitore entro il primo trimestre 2026.

Il piano del ministero prevede, per allora, la riattivazione di tre altiforni a carbone, compreso quello sotto sequestro dopo lavori di manutenzione e risanamento per raggiungere una produzione annua di 6 milioni di tonnellate di acciaio, ritenuta il minimo per la sostenibilità economica del gruppo. Al momento, con solo un altoforno attivo, il rischio è di scendere sotto il milione e mezzo di tonnellate.

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