
Il commercio estero italiano registra un rallentamento ad aprile 2025, segnando una flessione congiunturale del 2,8% per le esportazioni e un aumento modesto dello 0,3% per le importazioni. A comunicarlo è l’Istat, che evidenzia come il dato negativo sull’export sia fortemente condizionato dal crollo delle vendite verso i Paesi extra Ue (-7%), a fronte di un parziale recupero verso i partner comunitari (+1,5%).
Sebbene il calo sia in parte spiegato da effetti statistici – in particolare il confronto con vendite straordinarie di mezzi di navigazione marittima registrate nei mesi precedenti – l’arretramento si inserisce in un contesto internazionale sempre più incerto e ostile per il commercio globale.
A pesare, in particolare, è il clima negativo generato dall’annuncio dei nuovi dazi da parte dell’amministrazione Trump. Le misure protezionistiche statunitensi, che colpiscono vari comparti industriali europei, hanno riacceso le tensioni commerciali e alimentato timori di ritorsioni e contrazioni della domanda in mercati strategici. L’effetto si riflette nei dati: il Regno Unito – partner commerciale ancora rilevante malgrado la Brexit – segna un crollo delle importazioni italiane del 18,8%, mentre Turchia e Paesi Bassi registrano rispettivamente un -18,2% e un -8,7%.
Il saldo commerciale si riduce drasticamente rispetto a un anno fa, attestandosi a +2,5 miliardi di euro (era +4,8 miliardi ad aprile 2024), mentre su base annua l’export cresce appena dello 0,4% in valore, a fronte di un calo volumetrico del 3,7% – segnale di un rallentamento reale degli scambi.
Alcuni settori restano comunque trainanti, come il farmaceutico (+30,1%), i metalli di base (+5,5%) e l’agroalimentare (+4,6%). Ma la contrazione nei mezzi di trasporto, nei prodotti petroliferi raffinati e negli autoveicoli sottolinea la fragilità di comparti esposti alla domanda internazionale e alle catene globali del valore, già messe a dura prova negli ultimi anni.
Nel complesso, il quadro che emerge è
quello di un sistema export che risente sempre più delle turbolenze geopolitiche e delle spinte protezionistiche, in un momento in cui la competitività esterna diventa cruciale per sostenere la crescita economica interna.