
L'indagine del governo su Sinochem, il socio cinese di Pirelli, si è chiusa dopo quasi un anno con l'archiviazione perché non c'erano elementi che confermassero la violazione delle prescrizioni contenute nel Golden Power o che dimostrassero che l'autonomia gestionale del gruppo di pneumatici fosse stata compromessa. Lo ha comunicato ieri in mattinata la stessa Pirelli e poi, in serata, è arrivata anche una nota direttamente da Palazzo Chigi. «Il governo vi si legge - ha notificato a China National Tire and Rubber Corp (Cnrc) il 26 settembre 2025 il decreto di archiviazione del procedimento amministrativo relativo ai fatti e ai comportamenti verificatisi nel periodo tra la data di emanazione del Decreto (16 giugno 2023) e la data di avvio del procedimento sanzionatorio (31 ottobre 2024) non ritenendo che essi abbiano causato pregiudizio all'autonomia gestionale di Pirelli». Viene poi sottolineato che «il governo sta tenendo un costante e costruttivo dialogo con la società e gli azionisti finalizzato ad adeguarne, in tempi congrui, gli strumenti alle nuove esigenze normative dei suoi mercati di riferimento e assicurare la sua piena competitività in tutte le realtà nelle quali opera».
Il nodo del governo societario è quindi sciolto? Non proprio. A fine aprile lo stesso cda di Pirelli ha deliberato il venir meno del controllo di Sinochem sul gruppo definendo la decisione come «un primo passo» non ancora risolutivo verso l'adeguamento della governance ai vincoli delle norme Usa. A fine luglio il cda di Pirelli ha approvato i conti del semestre a maggioranza con il voto favorevole di 9 su 15 consiglieri. Hanno votato contro il Presidente Jiao Jian e i consiglieri Chen Aihua, Zhang Haitao, Chen Qian e Fan Xiaohua, mentre Grace Tang si è astenuta. Non solo. L'ad, Andrea Casaluci, ha dichiarato in una recente intervista che lo stallo in consiglio «sta mettendo a rischio lo sviluppo futuro del gruppo». La contesa parte dalla dichiarazione del venire meno del controllo che l'azionista cinese si rifiuta di accettare e si inasprisce di fronte ai paletti del Bureau of industry and security Usa che blocca le importazioni di auto che abbiano componenti cinesi (o di società con azionisti rilevanti cinesi, ovvero il caso di Pirelli partecipata da Sinochem al 37%). In una lettera inviata ai funzionari italiani a metà luglio, ma rivelata solo a inizio settembre dall'agenzia Bloomberg, il Bureau ha affermato che il golden power applicato da Roma nel 2023 per limitare l'influenza cinese e proteggere le attività italiane non sono sufficienti a proteggere l'azienda dalle restrizioni negli Stati Uniti. La nuova lettera sarebbe stata inviata a seguito di una richiesta di chiarimenti fatta dal governo italiano sulla posizione americana riguardo la partecipazione cinese del 37% in Pirelli. Lo scorso 12 agosto la stessa Bloomberg aveva riportato che il governo Meloni stava considerando di mettere un freno alle partecipazioni di investitori cinesi in aziende italiane considerate strategiche per evitare tensioni con gli Stati Uniti.
Il produttore di pneumatici, di cui è vicepresidente esecutivo e
secondo azionista Marco Tronchetti Provera, genera circa un quarto del suo fatturato negli Usa e ha investito molto sulla tecnologia dei cyber-tyre, ossia pneumatici in grado di connettersi con i sistemi digitali del veicolo.