Politica economica

Tari, ecco le nuove direttive per lo smaltimento dei rifiuti

Ecco le direttive e i parametri del Dipartimento delle Finanze che vanno a facilitare la simulazione del costo che spetta ad ogni comune per lo smaltimento dei rifiuti

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In arrivo nuove regole per la Tari. Le nuove direttive generali interessano i comuni non appartenenti a regioni a statuto speciale, i quali devono tener conto anche dei fabbisogni standard del territorio: i costi relativi al prezioso servizio di smaltimento dei rifiuti necessitano, quindi, un esame accurato. Grazie alla revisione delle “linee guida interpretative per l’applicazione del comma 653 dell’articolo 1 della legge n. 147 del 2013”, attuato in collaborazione con Ifel e Sose, il dipartimento delle Finanze mira a predisporre nuovi piani finanziari per la Tari.

Come sappiamo, la Tari è quella tassa destinata al finanziamento dei costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. I costi, tuttavia, possono variare di comune in comune: essi sono decretati dal consiglio comunale attraverso una delibera, secondo il piano economico-finanziario steso dall’ente cui è assegnato il servizio della gestione dei rifiuti.

Già nel 2019, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti Ambiente aveva stabilito dei criteri di calcolo e riconoscimento per i costi produttivi e attivi di esercizio e investimento; nel 2021 aveva poi avallato il metodo tariffario per il servizio integrato di gestione dei rifiuti per gli anni dal 2022 al 2025. Ma con le nuove direttive, il punto di riferimento è diventato l’uso del fabbisogno per il costo unitario effettivo del servizio di gestione dei rifiuti urbani. Il fabbisogno, in particolare, si rende fondamentale e necessario per il miglioramento della qualità del servizio e per un più favorevole processo di integrazione delle attività gestite; grazie ad esso, infatti, risulta più semplice determinare il coefficiente di recupero di produttività e la valutazione del superamento del limite della crescita annuale per le entrate tariffarie.

Il costo medio nazionale come parametro di base

Per le direttive circa calcolo del fabbisogno ordinario di ogni comune, il Def, Documento di economia e finanza, ha dovuto dialogare e cooperare con la Ctfs, Commissione tecnica per i fabbisogni standard, la quale, nel 2019, aveva dato nuove indicazioni relative al costo ordinario per tonnellata da smaltire; tale misura è stata poi aggiornata nel 2021. Se il consiglio comune di un dato Comune avesse già deliberato la tariffa della Tari, è possibile agire anche successivamente, allineandosi ai nuovi parametri di calcolo dei fabbisogni standard. Il parametro, dunque, fondamentale che emerge con la revisione è la stima del costo medio nazionale di riferimento per la gestione di una tonnellata di rifiuti: 130,45 euro. A partire da questo basilare parametro, i singoli comuni, in base alle altre disposizioni inserite dalle nuove linee guida, vedranno il costo per singolare tonnellata aumentare o diminuire.

A tal proposito, proviamo a calarci nella particolarità del documento. Anzitutto, risulta chiaro che il fabbisogno standard definitivo di ogni Comune è il risultato del prodotto di due fattori: il costo ordinario di riferimento per la gestione di una singola tonnellata di rifiuti e le tonnellate di rifiuti urbani gestite dal servizio. È da tenere presente sullo sfondo di queste considerazioni che, per individuare le “risultanze dei fabbisogni standard”, è necessario confrontarsi con il “costo standard” di gestione di una tonnellata di rifiuti. Tale parametro viene calcolato alla luce di un modello statistico di regressione, che prende in esame un ampio numero rappresentativo di comuni e i loro costi con le diverse variabili gestionali e di contesto che possono andare ad influenzare il costo stesso.

Come detto, il parametro di base risulta essere il costo medio nazionale per la gestione di una tonnellata di rifiuti. Tuttavia, questo non è ovviamente sufficiente per raggiungere il costo ordinario di riferimento di ogni comune; al parametro di base, infatti, devono essere aggiunti i differenziali di costo relativi a diversi fattori. Tra questi, fondamentali sono: la percentuale di raccolta differenziata, la distanza che separa i comuni dagli impianti di smaltimento, il numero e la tipologia degli impianti regionali, la percentuale di rifiuti urbani trattati e smaltiti negli impianti regionali, il contesto geografico, demografico, economico e morfologico e le modalità di raccolta dei rifiuti urbani – queste, infatti, possono essere domiciliari o “porta a porta”.

Queste, in conclusione, le direttive e i parametri che compaiono sul sito del Dipartimento delle Finanze e che vanno a facilitare la simulazione del costo che spetta ad ogni comune per lo smaltimento dei rifiuti.

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