Dopo la caduta di un regime non c'è riconciliazione nazionale che non passi dall'arresto e dalla messa a processo degli individui che hanno torturato e ucciso pur di mantenere saldo il potere di un tiranno. È per questo che a distanza di un anno dalla fuga a Mosca del dittatore siriano Bashar al Assad e mentre Damasco prova a voltare pagina, è caccia aperta al generale Jamil Hassan, uno degli uomini considerati tra i più spietati aguzzini del regime alawita e tra i sospettati di crimini di guerra più ricercati al mondo. Come riferisce il Wall Street Journal che ne ha ricostruito il profilo, in molti sono sulle tracce di Hassan, ex capo dell'agenzia di intelligence dell'Aeronautica militare siriana, fuggito all'estero a seguito della cacciata del "macellaio di Damasco". L'ex generale è stato infatti condannato in contumacia in Francia per i suoi crimini contro l'umanità, è soggetto ad un mandato di arresto in Germania ed è ricercato dall'Fbi per il suo presunto ruolo nel rapimento e nella tortura di cittadini americani.
La storia di Hassan, nato nel 1953 a pochi passi dal confine con il Libano, si intreccia con quella dell'ex regime siriano inaugurato nel 1970 dal colpo di Stato eseguito da Hafez al-Assad. Arruolatosi nell'esercito, scalò i ranghi sotto tale presidenza e nel 1982 fu inviato a reprimere una rivolta dei Fratelli Musulmani nella città di Hama. Qui le forze di Damasco uccisero decine di migliaia di persone pur di garantire ad Hafez il controllo sul Paese. Una strage che Hassan difenderà in un'intervista rilasciata nel 2016 sostenendo che "la decisione presa in quel momento fu saggia".
Gli orrori di Hama sono solo il prologo ai crimini che l'ex generale compirà a partire dallo scoppio delle rivolte in Siria nel 2011. In qualità di responsabile dell'intelligence dell'Aeronautica militare - tra le più potenti delle quattro agenzie di 007 siriane, con responsabilità su questioni di sicurezza delicate tra cui il programma di armi chimiche -, Hassan non esitò a classificare le proteste come una minaccia esistenziale per il regime e in un documento siglato assieme ai responsabili delle altre agenzie di sicurezza indicò come soffocare con efficacia le proteste: i cecchini, si legge nel documento in questione visionato dal Wall Street Journal, sarebbero stati inviati a sparare sulla folla con l'ordine di oscurare la fonte degli spari e di uccidere non più di 20 persone alla volta per evitare un evidente collegamento con lo Stato.
Stando a quanto riportato dal quotidiano Usa, il messaggio trasmesso all'epoca dall'ex generale a Bashar, il figlio di Hafez succedutogli nel 2000, fu: "Fai come tuo padre ad Hama e schiaccia la ribellione". Le istruzioni di Hassan, definito l'"Eichmann di Assad", aprirono le porte alla guerra civile in Siria con bombardamenti, arresti e torture. Per molti dei fermati dalle forze del regime proprio il quartier generale dell'intelligence dell'Aeronautica militare diretta da Hassan saranno la prima e l'ultima tappa. Tale organizzazione aveva un proprio tribunale militare operativo a Mezzeh che condanna a morte i prigionieri o li deportava nella prigione di Saydnaya e, sostiene il Syrian Justice and Accountability Center di Washington, avrebbe avuto anche una propria fossa comune. Secondo la Rete siriana per i diritti umani, oltre 160mila persone furono fatte sparire dal regime durante la rivolta e il successivo conflitto.
"Continuerò ad uccidere per mantenere Assad al potere e se necessario, ucciderò metà del Paese", questo il brutale avvertimento pronunciato dall'ex militare durante un interrogatorio di un giovane leader delle proteste della Primavera araba in Siria. "Ogni siriano, me compreso, sarebbe felice se venisse arrestato. Le sue mani sono sporche di sangue siriano", ha detto Abdulbaset Abdullatif, a capo della Commissiome nazionale siriana per la giustizia di transizione istituita all'inizio di quest'anno da Ahmed al-Sharaa, il nuovo leader del Paese mediorientale.
La strada per assicurare alla giustizia Hassan è però in salita. Infatti, secondo alcune indiscrezioni, avrebbe trovato riparo in Libano ma le autorità di Beirut avrebbero fatto sapere di non avere informazioni confermate sulla posizione del ricercato.