Politica estera

"Gaza campo di prigionia". Ombre sui rapporti tra Cameron e Israele

Il nuovo ministro degli Esteri è sempre stato apprezzato da Tel Aviv, ma ha espresso più volte la sua contrarietà agli insediamenti illegali e alle condizioni nella Striscia

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Il passato politico di David Cameron, tornato sul palcoscenico dei Westminster grazie alla sua nomina a ministro degli Esteri al posto di Suella Braverman, è molto legato a Israele e alla questione palestinese. All’indomani delle sue dimissioni da primo ministro dopo il voto sulla Brexit, Netanyahu aveva rilasciato una dichiarazione definendo l’ex guida dei conservatori un “leader rispettato e un vero amico di Israele e del popolo ebraico”. Uno dei più noti giornalisti di Tel Aviv e biografo di "Bibi", Anshel Pfeffer, non ha nascosto il suo apprezzamento per la decisione di Rishi Sunak, ritenendo Cameron “il primo ministro più filo-israeliano che il Regno Unito abbia mai avuto”, che ha apportato “cambiamenti politici più significativi rispetto ai suoi predecessori Brown e Blair, anch'essi molto filo-israeliani”.

Negli anni, Cameron non ha mai messo in discussione la sua vicinanza allo Stato ebraico, definendosi un suo “forte amico”. Alcune dichiarazioni passate, però, hanno dimostrato che il suo solido rapporto con Tel Aviv non è stato esente da criticità. Come riportato dall’Independent, nel 2010 Cameron ha definito la Striscia di Gaza “un campo di prigionia” e ha criticato gli insediamenti “illegali” nei territori palestinesi durante un discorso ad Ankara. Nella stessa occasione, l’ex primo ministro si è detto convinto che la situazione dovesse cambiare e che “gli aiuti umanitari devono fluire in entrambe le direzioni”.

Nel 2016, quando ancora era primo ministro, ha affermato che “ciò che questo governo ha costantemente fatto e ha continuato a fare è dire sì, siamo sostenitori di Israele, ma non sosteniamo gli insediamenti illegali”. La sua posizione su questo argomento, condivisa anche da altri Paesi storicamente pro-Tel Aviv, non ha mai intaccato i rapporti tra il nuovo ministro degli Esteri e lo Stato ebraico.

Questo legame storico di amicizia potrebbe essere utile al premier Sunak, schiacciato tra la difficile situazione internazionale e la crisi di consensi del suo partito, che gli ultimi sondaggi danno ampiamente in svantaggio rispetto ai laburisti. È comunque improbabile che il ritorno a sorpresa di Cameron possa avere un grande impatto sulla situazione, sia interna, sia esterna al Regno Unito. Non essendo stato eletto, il nuovo titolare degli Esteri acquisirà la carica solo dopo la nomina da parte dei Lord.

L’ultimo capo della diplomazia britannica a non essere eletto dai Comuni è stato Peter Carrington, che negli anni ottanta ha fatto parte del governo dell’Iron lady Margaret Thatcher.

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