Missione compita. Viktor Orbán è tornato dalla Casa Bianca con quanto voleva: l'esenzione, per il momento per un anno, dalle sanzioni per l'acquisto di petrolio russo, deroga che in un primo momento Donald Trump aveva affermato di non voler concedere. Non ci sono solo gli affari che Donald otterrà in cambio ma in gioco c'è anche l'ennesima legittimazione di quel leader che per l'Europa più volte è stata una spina nel fianco, mettendosi di traverso all'asse pro Kiev. Lui, Orbán, festeggia e Zelensky tuona: «L'Ucraina non può permettere alla Russia di trarre profitto dalla vendita di petrolio all'Ungheria. È una questione di tempo. È una questione di posizione». Mentre l'ex premier Romano Prodi attacca le politiche di Trump in un momento chiave per le sorti del conflitto con la città di Prokrovsk sempre sotto assedio e a rischio caduta imminente.
Il caso Petrolio tiene banco irrita l'Ue che si trova ancora una volta in imbarazzo e Prodi attacca: «Trump riceve Orban per spaccare ancora più l'Europa e, dopo aver detto che non dobbiamo mai comprare gas russo, dice a Orban: Tu lo puoi comprare? Siamo arrivati all'infamia, entrare nella politica dentro i Paesi è qualcosa che non si è mai visto. Bisognerebbe essere molto uniti», ha spiegato l'ex premier. Non solo petrolio ma anche nucleare. Dopo gli annunci di Washington e Mosca sulla ripresa dei test, si rivede (e si risente) anche il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, sparito per qualche giorno e secondo molti vittima delle purghe di Putin. «Non abbiamo ancora ricevuto alcuna spiegazione attraverso i canali diplomatici su cosa intendesse il presidente Donald Trump quando ha annunciato la ripresa dei test nucleari. Non è chiaro se riguardasse i test sui vettori di armi nucleari o i cosiddetti test subcritici».
Politica e polemiche, mentre la guerra continua e non cala di intensità. La notte scorsa quattro persone sono state uccise, tre a causa di un drone russo lanciato contro un edificio residenziale a Dnipro, e uno a Kharkiv. Il raid contro il palazzo di Dnipro ha causato anche 12 feriti, fra cui 2 bambini. Ma il centro attuale del conflitto rimane la battaglia in corso a Pokrovsk, nell'Ucraina orientale. Secondo la
Cnn la città sarebbe sul punto di cadere in mano russa dopo che le truppe di Mosca sono riuscite a infiltrarsi, anche se le informazioni sono contrastanti. Una vittoria che sarebbe in parte strategica ma soprattutto simbolica per Putin, dato che da 21 mesi l'assedio alla città si rivela infruttuoso. I combattimenti si sono intensificati negli ultimi giorni, anche casa per casa tra avanzate e difese a oltranza. «La situazione è difficile, con combattimenti di ogni genere in corso, scontri a fuoco nelle aree urbane e bombardamenti con ogni tipo di arma. Siamo quasi circondanti ma siamo abituati», ha detto alla Cnn il comandante di un battaglione ucraino. Le vittime russe sono comunque moltissime e secondo alcune fonti i russi starebbero rallentando in attesa di rinforzi. Mosca vuole a tutti i costi la città anche se Kiev prova in tutti i modi a resistere.
Secondo il presidente Zelensky la città invece sta resistendo grazie alle truppe d'assalto aviotrasportate che sono arrivate a dar manforte agli stremati uomini a difesa della città. L'ennesima battaglia campale di una guerra che sembra non avere fine.