Guerra in Israele

Gli sciami di droni "intelligenti" e la sfida Usa-Cina dietro l'attacco iraniano a Israele

L'attacco di Teheran contro Tel Aviv evidenzia come gli eserciti moderni facciano sempre più ricorso ai velivoli senza pilota. La competizione Usa- Cina e l'incubo di sciami di droni guidati dall'intelligenza artificiale

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Un attacco combinato di almeno 185 droni e decine di missili balistici e da crociera potrebbe essere la scintilla di una devastante guerra regionale in Medio Oriente? È quello su cui ci si interroga in queste ore alla luce della ritorsione iraniana alla recente eliminazione da parte di Tel Aviv di elementi di spicco dei pasdaran in Siria. Gli ultimi eventi e le dinamiche del conflitto tra Ucraina e Russia mettono in evidenza come per gli eserciti moderni i velivoli senza pilota siano ormai degli strumenti militari imprescindibili. E a preoccupare gli esperti è inoltre il fatto che quanto visto la scorsa notte nei cieli israeliani potrebbe impallidire al confronto con ciò che ci aspetta in un non lontano futuro.

La rivalità Usa - Cina

Le principali potenze starebbero infatti lavorando allo sviluppo di droni capaci di agire in gruppi di centinaia se non di migliaia di unità per colpire l’avversario bucandone la difesa aerea ed emulando, grazie alla guida dell’intelligenza artificiale, il comportamento che hanno in natura gli sciami di api. A fare la parte da leone sono Stati Uniti e Cina, le nazioni davvero all’avanguardia sul fronte dell’I.A. applicata al campo dei velivoli senza pilota.

Washington giustifica i suoi sforzi attribuendoli alla necessità di contenere le mire del Paese del dragone sul Mar Cinese Meridionale e su Taiwan. Con un occhio all’accresciuta aggressività russa in Europa. Dal canto suo, Pechino continua da anni imperterrita a gonfiare i muscoli al fine di scoraggiare l’intensificazione delle alleanze Usa con i partner nel Pacifico e nel sud-est asiatico. Un corteggiamento che per Pechino assume i tratti di una vera e propria “sindrome da accerchiamento”.

Non è chiaro chi tra l'America e la Cina abbia davvero un primato in questo settore e se anche la bilancia pendesse a favore degli States non si tratterebbe di un vantaggio incolmabile. Sono pochi i dati ufficiali in merito ma, secondo uno studio della Georgetown University, più di un terzo dei contratti siglati nei primi nove mesi del 2020 dai servizi militari di Washington e Pechino avrebbe riguardato “sistemi intelligenti senza pilota”.

Scarse sono anche le informazioni sulle capacità di controllo esercitate dagli esseri umani sugli sciami di droni. A tal proposito l’Associated Press riporta uno studio del Pentagono secondo il quale, durante un’esercitazione condotta nel 2021, un singolo operatore avrebbe supervisionato una flottiglia composta da oltre un centinaio di velivoli aerei e terrestri intelligenti.

La Guerra Fredda dei droni

Per molti versi la competizione in corso tra le due superpotenze supera in complessità persino quella registrata duranti gli anni più bui della Guerra Fredda. Contenere la proliferazione nucleare, spiegano gli esperti, è cosa più semplice di provare a fermare gli avanzamenti tecnologici dei software che rendono i droni dei killer quasi inarrestabili. Per non parlare della possibilità che Stati relativamente meno potenti – e in questo l’Iran è un caso esemplare – o organizzazioni terroristiche possano conseguire dei vantaggi strategici producendo avanzati velivoli senza pilota a basso costo ma non per questo meno letali.

Potrebbero volerci cinque anni, forse meno, per assistere all'entrata in servizio degli sciami di droni. Una prospettiva che genera inquietudine. Ne aveva parlato nei suoi ultimi anni di vita anche Henry Kissinger avvertendo Stati Uniti e Cina del poco tempo a loro disposizione per frenare la proliferazione di armi guidate dall’intelligenza artificiale. Lo scorso novembre a San Francisco Joe Biden e Xi Jinping hanno concordato sulla necessità di approfondire l’argomento. Un impegno a cui per ora non hanno dato seguito.

E la notte appena passata ricorda una volta di più quanto il punto di non ritorno sia terribilmente vicino.

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