Politica estera

Tra leader militare e presidente: le ultime tappe della consacrazione di Putin

Il voto in Russia consacra Putin come presidente a metà tra leader in guerra e capo politico. Un nuovo modello di Federazione che si è avvicinato al voto con due elementi chiave: la conquista di Adviivka e la morte di Navalny

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Il presidente russo Vladimir Putin è arrivato a questo voto con l'idea che esso sia la via per la consacrazione della sua figura quale leader deciso nella storia della Russia. Quantomeno in quella recente e certamente in quella della Federazione nata dalle ceneri dell'Unione sovietica. Un'elezione a cui il leader russo è giunto costruendosi un'immagine a cavallo tra quella di presidente e quella di comandante in capo di un Paese in guerra. Ed è proprio in questa veste che si è avvicinato al voto del 17 marzo, diviso tra il conflitto in Ucraina e un sistema di potere sostanzialmente senza opposizione.

A questo proposito, due sono le tappe recenti e fondamentali di questo percorso. La prima è la morte di Aleksei Navalny, l'oppositore più noto del Cremlino, che prima è stato fatto sparire per circa venti giorni spostato da una colonia penale all'altra, e poi, dopo alcune settimane in cui era riapparso nella prigione "Lupo polare", è stato trovato morto fuori dalla sua cella. Per molti osservatori, la vicenda di Navalny è l'immagine più evidente della nuova realtà politica russa, in cui il dissenso è azzerato e l'opposizione ammessa a partecipare alla vita pubblica è di fatto incardinata nelle direttive di Mosca.

Ma quello su cui si sono soffermati gli esperti è soprattutto l'effetto che ha avuto la repressione e poi la morte del più noto oppositore del presidente russo. L'ondata di indignazione all'estero non ha scalfito in alcun modo la leadership del capo dello Stato, che ha evitato di parlare di Navalny per tutte le settimane successive alla sua dipartita. Mentre la società russa ha riassorbito quasi immediatamente lo scossone dovuto alla fine della vita dell'ex blogger. E lo ha dimostrato anche la più recente aggressione all'ex collaboratore di Navalny, Leonid Volkov, colpito a mortellate nei pressi della sua casa di Vilnius.

Nello stesso periodo, inoltre, la buona notizia per Putin è arrivata dal fronte ucraino: elemento essenziale ed esistenziale per la sua leadership ma anche per la nuova idea di Russia che ha il presidente. La caduta di Avdiivka, con la ritirata delle forze ucraine da un villaggio che ha assunto una portata sempre più simbolica, ha rappresentato il trofeo di guerra che il leader russo ha voluto consegnare tanto ai suoi cittadini quanto ai suoi rivali oltre i confini, in particolare ai leader atlantici. Per il capo del Cremlino, era fondamentale a livello di immagine fare in modo che Avdiivka si trasformasse in una vittoria, e che questa giungesse poco prima del voto e mentre in Europa e negli Stati Uniti si dibatteva sugli aiuti da fornire a Kiev.

E questo segnale di forza è arrivato poco prima che l'esercito ucraino aumentasse la pressione sulle regioni di confine, in particolare le aree di Belgorod e Kursk, dove i missili e i droni di Kiev hanno colpito duramente proprio nelle giornate del voto presidenziale. Le bombe hanno fatto ripiombare questi oblast di confine in una sensazione di guerra, quasi a voler ricordare alla popolazione russa che il conflitto scatenato al di là della frontiera potesse avere pesanti ripercussioni anche "a casa". Tuttavia, come ha ricordato un reportage del Washington Post, l'impressione è che in queste città di confine i droni e i missili non abbiano provocato il senso di paura o di insicurezza che poteva indebolire Putin, ma al contrario abbiano rafforzato l'idea distorta che il Paese invaso sia in realtà artefice della guerra.

Quest'idea del popolo che si stringe intorno al suo leader è inoltre particolarmente evocata da una recisa scelta politica del presidente: far votare nelle aree del Donbass, di Kherson o di Zaporizhzhya occupate dopo il febbraio 2022. Gli osservatori concordano sul fatto che il voto nelle "nuove regioni russe", come le definiscono le agenzie di stampa di Mosca, sia in realtà un modo per dimostrare al mondo la fedeltà della popolazione rispetto a Putin e alla Federazione Russa. A dieci anni dall'annessione della Crimea, l'obiettivo del Cremlino è far capire che si respira una strana di normalità anche in quelle aree che hanno seguito lo stesso destino della penisola sul Mar Nero. E anche in questo caso, è difficile distinguere la figura del presidente da quella del capo di un esercito.

Un capo tra il militare e il politico, in un Paese in guerra ma che la guerra la chiama "operazione speciale", e che arriva a questa domenica con un solo scopo: rafforzare la propria figura di leader a tutto tondo di una nuova Russia.

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