Il capo degli 007 militari, il falco e il generale: ecco il team di Putin per il negoziato

Mosca affida i nuovi negoziati a una squadra ibrida di ideologi e militari. Fuori i diplomatici, dentro fedelissimi del Cremlino e veterani dell’intelligence.

Il capo degli 007 militari, il falco e il generale: ecco il team di Putin per il negoziato
00:00 00:00

Mentre le figure chiave come il ministro degli Esteri Sergey Lavrov e l’oligarca Kirill Dmitriev restano in attesa, Mosca prepara una nuova delegazione per riavviare i colloqui. Il momento scelto da Vladimir Putin non è casuale: le prime ore del 15 maggio, anniversario del naufragio dei negoziati di Istanbul del 2022. Un richiamo simbolico, carico di messaggi: si riparte da lì, dalle bozze mai ratificate di un’intesa sfumata, ma con l’aggiunta — è implicito — delle nuove rivendicazioni russe maturate sul campo negli ultimi mesi.

Contestualmente, il presidente russo ha firmato un decreto che proroga il piano nazionale per la modernizzazione delle forze armate fino al 2027. Un segnale chiaro: il Cremlino tiene aperti i canali diplomatici, ma non allenta la preparazione militare. Nel quadro del riassetto interno, è stato destituito il generale Oleg Salyukov, fino a ieri comandante delle truppe terrestri e volto pubblico durante la parata del Giorno della Vittoria.

Il ritorno di Medinsky

Il nuovo team negoziale non è composto da diplomatici di carriera, ma da figure strategicamente scelte per rappresentare le nuove priorità del Cremlino. Alla guida torna Vladimir Medinsky, già capo delegazione nel 2022 ed ex ministro della Cultura, noto per la sua fedeltà ideologica e per aver riscritto i manuali scolastici di storia russa. Il suo ritorno conferma la centralità dell’apparato culturale e ideologico nella narrativa del potere. Medinsky è un convinto nazionalista, noto per aver promosso una versione amministrativamente rivista della storia, della cultura e dei valori russi. La sua serie di libri "Myths About Russia" cerca di sfatare le narrative percepite come anti-russe, ma è stata anche ampiamente criticata. L'invio da parte del Cremlino di quattro funzionari di basso livello guidati da Medinsky ha suscitato qualche perplessità. Ma perché proprio Medinsky?

Nato nella regione ucraina di Cherkasy nel 1970, durante l'era sovietica, Medinsky è stato ministro della cultura russo dal 2012 al 2020 e dal 2020 è collaboratore di Putin. Nonostante il suo luogo di nascita, Medinsky è da tempo legato alla Russia e ha trascorso gran parte della sua vita a Mosca. Medinsky ha da tempo amplificato le rivendicazioni storiche della Russia sull'Ucraina e ha respinto la sovranità di quest'ultima, sostenendo che "l'idea ucraina" è stata inventata dall'Impero austriaco. Secondo l'AFP, Medinsky è l'autore dei libri di testo scolastici approvati dal Cremlino, nei quali si insegna ai bambini che la Russia ha "salvato la pace" annettendo la Crimea nel 2014 e si descrive l'Ucraina come uno "stato ultranazionalista". Nel 2012, quando era ministro della cultura, Medinsky affermò che la Russia era sopravvissuta a eventi traumatici del passato perché i russi "hanno un cromosoma in più".

Il gruppo di supporto

Nel gruppo di supporto spicca anche Elena Podobreevskaya, funzionaria del dipartimento per la politica statale in ambito umanitario: sarà lei a gestire la delicata questione degli scambi di prigionieri, una delle priorità poste da Kiev insieme alla richiesta di una tregua temporanea. A Podobreevskaya, unica donna nella squadra russa, sarà affidato anche il dossier sui diritti linguistici dei russofoni in Ucraina — un tema da sempre al centro della retorica del Cremlino.

Due ufficiali di alto profilo militare completano il profilo della delegazione: l’ammiraglio Igor Kostiukov, capo dell’intelligence militare (GRU) e figura chiave durante la campagna siriana, e il generale Alexander Zorin, veterano dei negoziati di Minsk, noto per la sua abilità diplomatica e per aver mediato la resa della guarnigione ucraina di Azovstal. La loro presenza indica che Mosca intende focalizzarsi sui dossier di sicurezza, in particolare nelle regioni occupate e lungo la linea del fronte.

Una squadra "tattica"?

Nella rosa figurano anche il vicecapo del ministero degli Affari Esteri russo Mikhail Galuzin; il capo della direzione principale dello Stato maggiore della Russia Igor Kostyukov; il viceministro della Difesa della Federazione Russa per la cooperazione internazionale Aleksandr Fomin; il direttore del secondo dipartimento dei Paesi della Csi (Comunità degli Stati indipendenti) del ministero degli Affari Esteri russo Alexey Polischuk; il vice capo della direzione principale della cooperazione militare internazionale del Ministero della Difesa Viktor Shevtsov.

Fonti moscovite lasciano intendere che si tratti di una squadra tattica, incaricata di aprire il dialogo ma priva del mandato pieno. In parallelo, sarebbe pronto un secondo gruppo destinato a un possibile confronto diretto con Washington, qualora la situazione lo richiedesse.

In quel consesso figurerebbero volti ben noti: Lavrov, il consigliere presidenziale Yuri Ushakov, e Dmitriev, manager con studi a Harvard e canale privilegiato tra il Cremlino e ambienti della Casa Bianca. Quanto a Putin, secondo indiscrezioni, non si muoverà se non in risposta a un segnale — anche informale — da parte di Donald Trump.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica