Nole tradisce Belgrado e va ad Atene

Il tennista, che solidarizza con i moti studenteschi, è ormai un nemico del governo

Nole tradisce Belgrado e va ad Atene
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Forse soltanto gli dei dell'Olimpo non sono rimasti sorpresi dalla notizia, inviando Ermes, Nike ed Eracle ad accogliere Novak Djokovic, l'asso del tennis mondiale che ha ripudiato la Serbia per trasferirsi in Grecia. «Nole» infatti ha iscritto i suoi figli in una scuola privata di Atene e la sua famiglia si avvia verso una nuova vita, dopo essere stato preso di mira dal governo serbo per aver sostenuto le proteste studentesche. Considerato da sempre un eroe nazionale, è stato duramente criticato negli ultimi mesi dai media fedeli al presidente Vucic dopo aver mostrato solidarietà ai manifestanti. Per la cronaca le proteste erano scoppiate a dicembre dopo il crollo di una pensilina della stazione ferroviaria di Novi Sad, in cui morirono 16 persone. Gli studenti avevano accusato la leadership serba di corruzione, invocando un rinnovamento politico, e trovando appunto in Djokovic un importante sostenitore.

Non si tratta di una presa di posizione da salotto, perché Nole si è sempre speso in prima persona. Ha dedicato le vittorie agli studenti feriti nel corso delle manifestazioni, assistendo a una partita di basket a Belgrado con indosso una felpa che recitava «gli studenti sono campioni». I media serbi filo-Vucic, lo considerano un «falso patriota», accusandolo di sostenere la cosiddetta «rivoluzione colorata». Ormai da otto mesi gli studenti in Serbia stanno guidando un movimento per riscrivere la storia. Una mobilitazione che ha coinvolto migliaia di cittadini, diversi settori della società, che ha portato alle dimissioni del premier Vucevic e che sta mettendo a dura prova il regime di Vucic e il suo Partito Progressista Serbo (SNS), al potere dal 2012. Il 24 gennaio 2025 è stato proclamato uno sciopero generale, che ha visto la partecipazione di diversi segmenti del mondo produttivo, e nei mesi successivi, altri scioperi si sono susseguiti. La partecipazione popolare si è diffusa soprattutto durante le manifestazioni di piazza e i lunghi blocchi stradali organizzati a Belgrado, Novi Sad e Nis.

A spaventare l'Europa è lo stretto rapporto tra il presidente serbo e Putin. La Serbia, sebbene abbia avviato i negoziati di adesione all'Unione Europea nel 2019, non si è allineata alle sanzioni che l'Europa ha introdotto sulla Russia dopo l'invasione ucraina. Putin ha apprezzato la decisione e non ha mai nascosto che l'amicizia con Vucic possa rappresentare un punto di riferimento nei Balcani e una testa di ponte verso l'Occidente. Una relazione privilegiata, alimentata anche da aiuti energetici rilevanti, come quello del gas elargito alla Serbia a partire dal 2022 a tariffe vantaggiose. Non è un caso che Vucic sia stato invitato alla parata del 9 maggio a Mosca per il giorno della vittoria, così come a quella di Pechino dello scorso 3 settembre. Il leader di Belgrado è anche un abile doppiogiochista.

Secondo l'intelligence moscovita, dal 2022 ad oggi avrebbe venduto armi a Kiev per un valore di oltre 1,5 milioni di euro grazie all'intervento di Repubblica Ceca e Bulgaria che hanno facilitato l'operazione. Le armi arrivano al fronte da assemblare, in modo da non risultare più made in Serbia.

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