
Caro Direttore Feltri,
qualche giorno fa Donald Trump ha parlato all'Onu e ha detto una frase che mi ha colpito molto: «È tempo di porre fine al fallimentare esperimento dei confini aperti». Ha poi aggiunto che senza confini, senza identità e senza sicurezza, l'Europa è destinata a indebolirsi e a scomparire. Eppure, come al solito, i media e la politica si sono
scatenati ad attaccarlo, dipingendolo come un fanatico o un razzista. Ma, mi chiedo, non è forse vero che l'immigrazione di massa sta travolgendo le nostre società? Non è forse vero che stiamo accogliendo senza realmente riuscire a integrare, e che spesso chi arriva non mostra amore né rispetto per le nostre nazioni, ma pretende che siamo
noi a cambiare? Direttore, lei che ne pensa? Non ha forse ragione Trump?
Cordiali saluti,
Alessandro Rossini
Caro Alessandro,
è incredibile come ormai funzioni la macchina del conformismo: basta che Trump apra bocca e subito parte il coro del disprezzo, come se l'uomo parlasse a vanvera. Eppure, stavolta come molte altre, ha detto una cosa di un'evidenza disarmante. Sì, è fallimentare l'esperimento dei confini aperti, e chi non se ne accorge è cieco, oppure campa di rendita ideologica. In Europa da decenni spalanchiamo le porte a masse di immigrati senza chiederci se siamo in grado di assorbirli, di integrarli, di offrire loro lavoro e dignità. Il risultato? Quartieri ghetto, delinquenza diffusa, islam radicale che mette radici nei nostri sobborghi e un sentimento crescente di ostilità nei confronti delle stesse Nazioni che li hanno accolti. Altro che gratitudine: troppo spesso vediamo disprezzo, arroganza, rifiuto delle nostre leggi, delle nostre tradizioni, della nostra
cultura. E se osi farlo notare, vieni subito bollato come razzista. Trump non ha affermato nulla di scandaloso, anzi ha ricordato ciò che ogni Nazione normale dovrebbe sapere: i confini non sono un optional, sono il presupposto della sovranità e della sicurezza. Senza confini non c'è Stato, e senza Stato non c'è neppure libertà.
Abbiamo coltivato per anni il mito dell'accoglienza illimitata, convinti che fosse sinonimo di civiltà, quando in realtà era soltanto sinonimo di ipocrisia e buonismo. Perché accogliere non significa spalancare le braccia a chiunque arrivi: significa stabilire regole, chiedere rispetto, pretendere legalità. Ma noi invece abbiamo concesso tutto senza domandare nulla in cambio. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: i nostri quartieri sono cambiati, le nostre città sono più insicure, e noi stessi ci sentiamo ospiti a casa nostra. Trump ha ragione da vendere: è
ora di mettere dei paletti. Non si tratta di odio, né di razzismo, ma di amor proprio, di difesa della nostra identità e della nostra civiltà. Chi entra deve sapere che qui vigono le nostre leggi, non quelle della sharia, e che qui la bandiera da rispettare è il tricolore, non il vessillo di qualche regime fondamentalista.
Abbiamo sbagliato per decenni, inseguendo il plauso del politicamente corretto, temendo di essere etichettati come cattivi.
E così abbiamo distrutto noi stessi. È ora di dire basta. E su questo, caro Alessandro, lo ribadisco, Trump non ha affatto torto. Anzi, ha fatto il lavoro che spesso media e politici europei non hanno il coraggio di fare: proclamare la verità.