
Un occhio ai prossimi cinque anni, ma uno, ancor più attento, al grande nemico americano. E, soprattutto, a quell'incognita Donald Trump con cui Xi Jinping deve misurarsi in Sud Corea a fine mese. È quanto il Presidente cinese pretende dai circa 370 membri, fra effettivi e supplenti, del Quarto Plenum del Comitato centrale del Partito comunista cinese. L'organismo - pur rappresentando un fossile cooptato dall'architettura istituzionale sovietica - resta nell'ottica accentratrice di Xi uno strumento fondamentale per controllare e indirizzare lo sviluppo politico ed economico. E per far piazza pulita di chi devia dalla sua rotta.
Non a caso il Plenum segue di pochi giorni l'annuncio della rimozione del generale He Weidong, numero due delle gerarchie militari. Il generale è stato estromesso da ogni funzione assieme ad altri otto comandanti ed espulso da Partito ed esercito. La mossa, esibita come parte di una campagna anticorruzione destinata a moralizzare le alte gerarchie, nasconde l'insoddisfazione di Xi Jinping per una macchina militare che rischia, alla prova dei fatti, di risultare inefficiente e minata dalla corruzione quanto quella messa in campo dalla Russia all'inizio della guerra in Ucraina. Tra le vittime eccellenti esibite alla gogna del Plenum c'è anche Li Chenggang, il rappresentante presso l'Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto) ritenuto poco capace di arginare l'offensiva trumpiana sui dazi.
Ma ovviamente l'attenzione principale del «timoniere» Xi è rivolta allo sviluppo economico. E sui modi per indirizzarlo e imbrigliarlo. La bolla immobiliare che ha distrutto il valore di mercato degli appartamenti edificati con investimenti statali va di pari passo con il rallentamento della crescita economica. Tra luglio e settembre il Pil è cresciuto del 4,8% rispetto al 5,2% del trimestre precedente. Dati che evidenziano la stagnazione di un'economia gravata da una scarsissima propensione al consumo interno. Secondo la Banca mondiale, nel 2024 i consumi interni hanno rappresentato il 56,7 per cento del Pil della Cina, 17 punti in meno rispetto alla media globale. E problematiche appaiono anche le conseguenze dello sviluppo tecnologico. L'automazione, l'impiego dell'intelligenza artificiale e l'affermazione di industrie ad altissima tecnologia continua a bruciare posti di lavoro facendo decollare una disoccupazione giovanile arrivata a toccare - lo scorso agosto - il tasso record del 18,9 per cento. Insomma il dilemma presentato da Xi ai suoi 370 delegati è come continuare a competere con il nemico americano in settori come l'intelligenza artificiale e la futura tecnologia quantica senza mettere in strada i propri lavoratori. Anche perché il Dragone è comunque chiamato a far girare quella «fabbrica del mondo» da cui escono i 504 principali prodotti industriali più venduti sul mercato globale.
E a garantire a un miliardo e trecentomila sudditi un tasso di soddisfazione economica in grado di compensare le rinunce alla libertà imposte dal sistema. Una condizione indispensabile per consentire al 72enne Xi Jinping di conquistare un altro mandato e trasformarsi in imperatore a vita.