Starmer ridisegna la squadra economica: Reeves indebolita, mercati in allarme

Il premier britannico crea una cellula operativa a Downing Street che avoca a sé le leve della politica economica. In arrivo un bilancio autunnale segnato da nuove tasse

Starmer ridisegna la squadra economica: Reeves indebolita, mercati in allarme
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Il governo di Keir Starmer ha avviato un rimpasto che, pur negato ufficialmente, ha dato l’impressione di ridimensionare l’autorità della cancelliera dello Scacchiere Rachel Reeves. Al centro della manovra, la creazione a Downing Street di una nuova “cellula operativa” per l’economia, che risponde direttamente al primo ministro e riduce di fatto il controllo esclusivo del Tesoro sulla politica fiscale.

La scelta arriva in un contesto delicato: i mercati hanno reagito con nervosismo, portando i rendimenti dei titoli di Stato britannici ai massimi da quasi trent’anni e ampliando il divario con gli altri Paesi del G7. Con un debito vicino al 100% del Pil e un disavanzo stimato in 50 miliardi di sterline, Londra è considerata “sorvegliata speciale” dagli investitori internazionali, mentre cresce il timore di un ritorno a scenari simili agli anni Settanta, quando il Regno Unito fu costretto a chiedere aiuto al Fondo Monetario Internazionale.

Il premier ha affidato un ruolo di primo piano a Darren Jones, 38 anni, ex vice di Reeves al Tesoro, che diventa Capo Segretario con delega alle questioni economiche. Lo affiancherà Minouche Shafik, ex vice governatrice della Banca d’Inghilterra, nominata capo consigliera economica, mentre il nuovo principale segretario privato di Starmer è Dan York-Smith, già alto funzionario del Tesoro e, curiosamente, giudice internazionale di ginnastica. A completare i movimenti, James Murray sostituirà Jones, mentre Dan Tomlinson, legato alla Resolution Foundation, entrerà come nuovo Segretario dello Scacchiere.

Starmer ha presentato il riassetto come l’avvio della “fase due” del governo, promettendo risultati concreti dopo un primo anno segnato da passi falsi e da una popolarità in calo: i laburisti viaggiano attorno al 20%, mentre la destra populista di Nigel Farage supera da sola il 35%. Nel frattempo, le proteste anti-immigrazione e i segnali di un nazionalismo diffuso rendono ancora più fragile il clima sociale. Le difficoltà politiche del governo sono state amplificate da marce indietro e misure impopolari: dalla quasi abolizione, poi ritirata, dei sussidi al riscaldamento invernale per i pensionati, a tagli al welfare in parte cancellati sotto pressione parlamentare. A luglio, la crisi culminò nelle lacrime di Reeves in Parlamento, episodio che contribuì a far scendere la sterlina.

Il nuovo assetto, tuttavia, non cancella la sfida principale: il Regno Unito si prepara a un bilancio autunnale che dovrà coniugare la necessità di aumentare le entrate con la promessa di non toccare le principali imposte dirette. Secondo molti economisti, l’aumento delle tasse appare inevitabile, anche a costo di deprimere ulteriormente la crescita. Le imprese hanno già reagito con dure critiche all’incremento dei contributi previdenziali per 25 miliardi di sterline, accusato di frenare l’occupazione e alimentare l’inflazione.

Il paragone con precedenti clamorosi fallimenti di politica economica – dal “mini-budget” di Liz Truss al “bilancio onnishambles” di George Osborne – è ricorrente.

Con i mercati obbligazionari già in tensione, il rischio di un contraccolpo finanziario è concreto. Come ha osservato un esponente laburista, la vera sfida del governo sarà “colmare un buco senza dare l’impressione di starlo colmando”.

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