Donald Trump tenta di evitare la prima (bruciante) sconfitta parlamentare del suo secondo mandato, compiendo una clamorosa inversione a U. «I Repubblicani della Camera dovrebbero votare per la pubblicazione dei file su Epstein, perché non ho nulla da nascondere», ha annunciato il presidente, dopo che per mesi aveva fatto pressioni affinché i documenti ancora custoditi negli armadi del dipartimento di Giustizia e dell'Fbi rimanessero nascosti al pubblico. Una manovra improvvisa, resasi necessaria dalla constatazione che decine di deputati Gop erano pronti ad unirsi ai loro colleghi dell'opposizione per chiedere la pubblicazione dei file.
Al voto della Camera, che potrebbe avvenire oggi, dovrà poi fare seguito un analogo voto del Senato e poi, al momento della firma del provvedimento, Trump potrebbe ancora imporre il suo veto presidenziale: un'ipotesi ora impraticabile, dopo il cambio di rotta del tycoon. La marcia indietro di Trump è giunta al culmine di una serie di errori politici insoliti per un uomo che in questi anni ha dimostrato una straordinaria capacità nel «sentire» il polso della «sua» gente e nel fiutare la direzione nella quale guidare il popolo Maga. La Casa Bianca è evidentemente rimasta spiazzata dalla mossa con la quale la scorsa settimana i Democratici hanno pubblicato tre e-mail di Epstein che mettevano in grande imbarazzo il presidente: «Certamente sapeva delle ragazze»; e «ha trascorso ore a casa mia con una di loro».
La contromossa dei Repubblicani, che per non apparire reticenti hanno a loro volta desecretato 23mila pagine di materiale su Epstein, nelle quali il nome di Trump figurava centinaia di volte, non ha aiutato. Nei documenti, sia chiaro, non c'è nessuna «pistola fumante» che attribuisca a Trump comportamenti criminali. Semmai, la conferma del lungo sodalizio (interrotto all'inizio degli anni Duemila) con l'ex finanziere pedofilo. Ma la rabbia con cui il tycoon ha prima tentato di impedire e poi ha reagito alla defezione di quattro deputati repubblicani che hanno votato insieme ai Democratici per chiedere il voto della Camera sui file di Epstein, ha messo in evidenza la spaccatura già in atto nel movimento Maga. Lo stesso al quale per anni era stato promesso di fare finalmente luce sui traffici di Epstein, ora derubricati a «bufala dei Democratici».
Tra i ribelli, le (ormai ex) vestali trumpiane Lauren Boebert, addirittura convocata alla Casa Bianca per farle cambiare idea, e Marjorie Taylor Greene. Quest'ultima, una delle più fedeli interpreti dell'«America First», adesso bollata come «traditrice» e umiliata sui social con soprannomi intraducibili. «Si era stancato di vedermi vincere», ha scherzato il deputato repubblicano del Kentucky Thomas Massie, a lungo critico di Trump e a capo della fronda, per spiegare la giravolta del presidente.
Lo stesso Messie è convinto che nei file ancora secretati non ci sia nulla di veramente compromettente per Trump. Piuttosto, che il tycoon stia «cercando di proteggere alcuni ricchi donatori della sua campagna». Lo scopriremo. Ormai, sembra solo questione di tempo.