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Armi a Kiev, Lega e M5s spaccano i due fronti

Mulè (Fi) contro Salvini: "Aspettare? La guerra non va in ferie". Il dem Sensi accusa Conte di tradire la Ue

Armi a Kiev, Lega e M5s spaccano i due fronti
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Il «fantasma gialloverde» aleggia sul governo Meloni. Donald Trump che spara contro l'Ue ci mette del suo e fa riavvicinare Salvini e Conte. L'occasione per riesumare lo schema Lega-M5s è il rifinanziamento del decreto per l'invio di armi a Kiev. Si va verso un rinvio a fine anno.

A quanto risulta al Giornale l'ipotesi di predisporre il pacchetto per il prossimo Cdm è sfumata. Fonti di governo confermano: «Il decreto sarà approvato a fine anno». Anche perché un'accelerazione avrebbe rischiato di innescare tensioni ancor più forti con il Carroccio. Il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo in un'intervista ad Affariitaliani frena: «Sarebbe bene, vista la situazione attuale, attendere l'evoluzione delle trattative in corso sul piano di pace Usa così da poter definire un provvedimento pienamente coerente con il percorso diplomatico intrapreso e in grado di includere le garanzie di sicurezza per l'Ucraina che emergeranno dal negoziato internazionale».

Un'opzione, quella rinvio a fine anno del pacchetto di aiuti per Kiev, su cui la maggioranza non è però compatta. Giorgio Mulè, vicepresidente di Forza Italia della Camera dei deputati Italia, parlando con il Giornale replica a Romeo con un ironia: «Sarebbe bello poter aspettare. Purtroppo la guerra non va in vacanza, così come l'invasione russa. E dunque il decreto va fatto, perché bisogna continuare a dare sostegno all'Ucraina come abbiamo fatto fino ad adesso». Il partito della premier non getta benzina sul fuoco. Nessun replica alle parole di Romeo. L'unico è Gianfranco Rotondi che rispolvera un po' di arte democristiana: «In materia di difesa e di postura internazionale Meloni, Crosetto e Tajani hanno posizioni coincidenti, e tale concordia è base della nuova credibilità conquistata dall'Italia». La Lega non arretra. Silvia Sardone, numero due di Salvini, è ancor più dura (rispetto a Romeo). «Fino a fine anno il sostegno all'Ucraina è coperto, per il 2026 riteniamo corretto concentrarsi sulle negoziazioni di pace in corso e lavorare a sostegno del piano avanzato dagli Stati Uniti - spiega la europarlamentare -. Consideriamo inoltre prioritario concentrarci sull'importanza di investimenti in sicurezza nel nostro Paese, sul Mediterraneo in ottica contrasto all'immigrazione irregolare e difesa dei confini e sulle infrastrutture strategiche. Per quanto riguarda l'esercito comune europeo, se l'intento di Bruxelles è darlo in mano a Macron che ogni giorno ci regala dichiarazioni belliciste il nostro no è enorme».

Il tema Ucraina spacca pure il fronte largo. Conte (sulle posizioni salviniane) mette agli atti: «Il governo italiano insieme ai governi europei hanno fallito puntando sulla scommessa militare della vittoria dell'Ucraina sulla Russia a colpi di invii di armi e di spese militari. Dunque lasciamo che a condurre il negoziato siano gli Stati Uniti...».

Dal fronte Pd, Filippo Sensi interpellato dal Giornale si smarca dall'alleato: «Mi pare che al netto di photo opportunity e pacche sulle spalle, l'Italia si stia sganciando dall'impegno sull'Ucraina. Cedendo alle pressioni interne della Lega amica della Russia e all'opportunismo filotrumpiano di chi preferisce fischiettare in Europa. Un tradimento. Che purtroppo trova terreno cedevole anche nell'opposizione, su tutti i Cinque Stelle.

Una responsabilità morale davvero grave». «Il nodo però non è ciò che dice Trump - è la replica secca di Matteo Renzi (Italia viva) - ma ciò che fa (e non fa) l'Europa. Non è colpa di Trump se abbiamo riempito di burocrazia senz'anima i palazzi di Bruxelles».

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