Politica internazionale

La Francia sta a guardare e arretra: l'Eliseo ora ha paura di perdere terreno

Le difficoltà diplomatiche in Nordafrica si sommano alla crisi di Macron

La Francia sta a guardare e arretra: l'Eliseo ora ha paura di perdere terreno

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Macron guarda con sempre maggior sospetto il Piano Mattei. Perché se l'Italia avanza in Africa con spirito «non predatorio», la Francia è costretta ad arretrare. E non solo per l'attivismo di Roma, che in campo ha messo un nuovo modo di intendere il partenariato: con al centro le persone, «vite, speranze, paure e sofferenze». Ma per una serie di concause, che l'Eliseo fatica a gestire. Parigi non riesce per esempio a normalizzare le relazioni con Marocco e Algeria, nonostante gli svariati tentativi; è stata bruscamente cacciata dal Mali l'estate scorsa, dopo 9 anni di soldati schierati contro il terrorismo, e oggi il Paese è nell'orbita della Russia (con la Wagner sul terreno). C’è il declino dell'egemonia transalpina, se non la fine della Françafrique.

Per avere un'idea, basta riavvolgere il nastro al marzo scorso: proteste in Gabon, Angola e Repubblica democratica del Congo (Rdc) per l'arrivo di Macron. C'è un risentimento generalizzato in Africa, verso i «cugini», tanto che in Mali, a novembre, le autorità hanno deciso pure di vietare le attività delle Ong francesi. Un fallimento militare, politico e diplomatico. Anche in Libia, in cui Parigi viene ricordata soprattutto per l'omicidio di Gheddafi, e dove Macron fatica a gestire il duello per l'oro nero, cercando di accaparrarsi l'uranio per il funzionamento dei reattori nucleari. Le necessità di petrolio e gas si scontrano con la consapevolezza offerta all’Africa dalla modernità; i giovani hanno sviluppato una coscienza critica. Si è sommato, alla questione energetica, l'effetto boomerang del colonialismo (come nelle banlieu).

Costretta a inseguire, a recuperare terreno, la Francia muove le sue feluche in una sorta di mission impossible: Christophe Lecourtier nominato a dicembre nuovo ambasciatore in Marocco da Macron, per raddrizzare l'asse Parigi-Rabat, in crisi tale che le autorità d'Oltralpe sono costrette a difendere perfino l'influenza della lingua francese dalla concorrenza dell'inglese, che suscita sempre più entusiasmi tra i giovani marocchini. La crisi continua da anni, irrisolta, certificata dal rinvio a data da destinarsi della visita di Macron; si aggiunge il fatto che Mohammed VI non ha voluto un nuovo ambasciatore a Parigi, dove manca da febbraio. «Il Marocco non accetta più lo sguardo paternalistico della Francia», ha riassunto un diplomatico il 14 luglio (Festa nazionale francese) dopo il discorso del rappresentante transalpino a Rabat. Con l'Algeria le cose vanno peggio.

Tensioni culminate con la cacciata dei giornalisti di testate francesi, mentre l'Italia, primo Paese Ue importatore di gas, lavora per creare nuovi corridoi energetici. La capacità di ascolto di Roma è preferita all'approccio transalpino.
E il «Processo di Roma» è considerato una sorta di test.

Ecco allora l'arrivo a Roma da Parigi di un nuovo ambasciatore: 51 anni, pragmatico, realista e concreto, esperto in questioni strategiche e di Difesa, Martin Briens ha iniziato il 17 luglio, per osservare, studiare, interpretare l'attività di un governo che, dall'annuncio del Piano Mattei alla Conferenza di ieri, sta ridisegnando gli equilibri europei a sud del Mediterraneo e in Ue.

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