Il gioco inutile di Cgil e Flotilla

Scioperi e flottiglie da operetta. Venerdì sciopero della Cgil: effetto nullo. Domani sciopero generale dei Cobas: impatto zero. Eppure dicono di farlo per Gaza

Il gioco inutile di Cgil e Flotilla

Mi chiedono in tanti che cosa penso su Gaza. La risposta è semplice: penso quello che vedo, come la grandissima parte degli italiani. Ma è necessario considerare anche quello che non si vede. Provarci è difficile, emotivamente quasi impossibile.
Quello che vediamo è un orrore quotidiano: Israele che usa la falce alla cieca, bombardando, radendo al suolo, colpendo senza distinguere. Capovolgendo la scena biblica su cui si fonda la giustizia.
Abramo domanda a Dio di risparmiare Sodoma per non sacrificare i giusti che in essa pure esistono. Invece Israele oggi i palestinesi che non sono terroristi li trasferisce nel deserto, forse come un tempo fecero i turchi con gli armeni, trascinandoli in Siria, a Der ez-Zor, a morire (1915). Anche il numero è simile: un milione e mezzo, due milioni. Lo spettacolo cui assistiamo ora a Gaza ci trascina in un giudizio: è inaccettabile. Famiglie vaganti come zombi, bambini morti raccolti come stracci dentro lenzuola bianche, madri in lacrime, vecchi disperati. È insostenibile, una ferita che brucia nel cuore di qualsiasi essere umano.
Ma c’è anche ciò che non si vede, o che molti fingono di non vedere, bisogna che lo si veda, anche adesso che il cuore scoppia: se Hamas vincesse, se prevalesse oggi o domani, sarebbe la fine. Non solo di Israele. Peggio di Netanyahu c’è solo Hamas.
Certo Netanyahu, circondato da ministri fanatici, ha dato corso a un repulisti cieco. Schiaccia due milioni di persone senza curarsi di donne, vecchi, bambini. Crede di eliminare Hamas distruggendo Gaza a tappeto, facendo rifiorire da sotto le ceneri un esercito terrorista. Hamas non è solo un partito armato di stupratori e tagliagole, è un’ideologia. E le ideologie si nutrono di cadaveri.
Quella islamica di Hamas e jihadisti vari il 7 ottobre senza alcun pentimento si è nutrita di 1.200 ebrei assassinati, prima violentandone le donne; ma soprattutto l’Orco islamico, divora i corpicini palestinesi del proprio stesso popolo che tiranneggia, esponendolo, nel silenzio complice delle nostre sinistre, a un sacrificio umano di massa a scopo di propaganda.
La verità di padre Romanelli Israele sbaglia: pensa di dimezzare i gazawi, e ci riuscirà, getterà in plaghe lontane i sopravvissuti, ma intanto moltiplicherà i fanatici. Hamas è una pianta carnivora: tagli un ramo e ne spuntano due.
Dal cuore stesso di Gaza, padre Gabriel Romanelli, parroco latino, cui Papa Francesco telefonava ogni giorno, ha detto la cosa più chiara e più dimenticata al Tg1: Hamas liberi subito i 22 ostaggi che ancora tiene prigionieri. Non hanno alcun diritto di continuare il primo delitto del 7 ottobre. Ogni giorno in cui quelle persone restano in mano ai miliziani, la strage continua.
Eppure, nei cortei e negli scioperi nostrani di questi giorni, chi lo ricorda? Non la Cgil, non i Cobas, non i pasdaran della famosa flottiglia di barche scenografiche.
Troppo occupati a giocare alla solidarietà simbolica, dimenticano la verità essenziale: Hamas non è la vittima che vogliono dipingere. È il primo ostinato carnefice.
Scioperi e flottiglie da operetta Venerdì sciopero della Cgil: effetto nullo.
Domani sciopero generale dei Cobas: impatto zero. Eppure dicono di farlo per Gaza. Ma spiegatemi: come danneggiare i pendolari italiani aiuta i palestinesi sotto le bombe? È come dire che se blocchi la metro a Milano, Netanyahu si commuove e depone le armi.
E non basta. Adesso c’è pure la Flotilla.
Una parata navale che non porterà pane né cure a Gaza, ma solo selfie e titoli di giornale agli aspiranti martiri. I bambini muoiono di fame, e intanto i bambinoni occidentali si fanno fotografare in mare aperto giocando al Che Guevara. Martiri da palcoscenico, che rischiano la vita non per gli altri, ma per il proprio curriculum politico.
Peggio dell’Ovest, c’è solo l’Est Guardando al mondo intero, il panorama è sconfortante. Noi occidentali ci facciamo schifo da soli: divisi, litigiosi, impotenti.
Ma peggio di noi c’è solo l’Oriente che lancia missili e intanto la sola cosa del futuro che interessa ai suoi leader (lo hanno confessato in diretta mondiale dimenticando di spegnere il microfono) è di campare centocinquant’anni per rompere eternamente i c... al mondo. Mi riferisco a Xi Jinping e Putin: due megalomani che parlano come immortali, mentre spediscono carne da cannone al fronte.
I summit internazionali sembrano spettacoli di marionette con i fili tagliati: leader che recitano discorsi prefabbricati senza uno straccio di visione. Trump vuole la pace, purché – a quanto pare – arricchisca lui e l’America, con annesso premio Nobel. Possibile che i capi del mondo abbiano pensieri tanto modesti e banali, quando governano popoli immensi stando seduti su arsenali nucleari?
Israele tappo della diga Chi conosce la storia lo sa: Israele è il bambino che con il dito ha tappato per decenni il buco della diga. Se avesse mollato, la piena islamica, spalleggiata da Oriente, ci avrebbe travolti tutti. Vale ancora. Se Hamas vince sparirà Israele e, come in una partita di domino, toccherà poi a noi. Per questo occorre far udire a Netanyahu la voce della ragione, ma solo Trump ce l’ha abbastanza forte. Ci riuscì Reagan negli Anni 80, e siamo tutti ancora vivi. Gli Usa erano stati colpiti il 23 ottobre 1983 da un attentato gravissimo a Beirut (vedi Inshallah di Oriana Fallaci), ma il vecchio Ronald non volle radere al suolo il Libano e rimandò indietro l’esercito di Israele, che intendeva procedere, con una telefonata imperiosa a Shamir.
Israele non è perfetto, anzi è spesso odioso. A noi italiani tocca, secondo tradizione, essere vicini all’America e a Israele ma anche (vedi Andreotti e Craxi) ai palestinesi, con un occhio saggio sulle conseguenze dei gesti. Meloni (con l’apporto di Tajani) sta praticando questa arte difficilissima. Non dimentica chi è Israele, e chi sono gli ebrei: non si esauriscono nell’estremismo folle di certi ministri di Netanyahu. Indebolirlo, isolarlo, significherebbe spingerlo a trasformarsi in una Sparta disperata, armata fino ai denti e pronta a tutto. Per questo le sanzioni europee e chi pretende di tagliare i ponti tra Roma e Gerusalemme non spengono niente. Anzi gioca partite di propaganda interna. In un coro di dilettanti di provincia, Giorgia Meloni stona perché ha voce di statista.
Estromettere Israele, sarebbe come indebolire noi stessi. Non si vergogna di parlare chiaro.

In un’Europa di nani, lei appare come un gigante. (Giorgia non scappa, se non va in Aula è per senso di responsabilità: evita la trappola di una cagnara programmata dalle sinistre con trascinamenti di violenza nelle piazze).

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica