Giorgia e la fotografia dell'Occidente

Giorgia Meloni è convinta che un Occidente spaccato non sia solo dannoso per ragioni economiche o geopolitiche, ma sia una sciagura morale

Giorgia e la fotografia dell'Occidente
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Sono in tre e alle loro spalle ci sono due bandiere, Stati Uniti d'America e Europa. Giorgia Meloni è al centro, alla sua sinistra c'è Ursula von der Leyen e a destra, in barba, giacca e cravatta, sorride James David Vance. Roma in questo giorno di primavera ospita il mondo. Si ritrova al centro e di certo nessuno si stupisce. Il merito è di Robert Francis Prevost che celebra la messa inaugurale del suo papato. È il debutto ufficiale di Leone quattordicesimo. Le immagini che arrivano da Palazzo Chigi raccontano, senza bisogno di parole, la politica estera della premier. È la sua visione strategica. È la scelta lavorare per sanare la ferita, ancora profonda, che separa le due sponde dell'Occidente. È un'azione diplomatica chiara, che non ha bisogno di troppe interpretazioni.

Giorgia Meloni è convinta che un Occidente spaccato non sia solo dannoso per ragioni economiche o geopolitiche, ma sia una sciagura morale. È il segno, tante volte evocato, del tramonto di una civiltà. È qualcosa che va oltre il qui e adesso. È il destino dell'Europa e dell'America che va in cortocircuito e manda in frantumi tutta l'architettura di quei diritti pensati come universali. Chi adesso si spende per rammendare l'Occidente lo fa perché crede nella libertà e nella democrazia. Tutto questo va oltre i rapporti con Trump e le discussioni sulla marginalità dell'Italia nello scacchiere internazionale. La realtà è che le foto sono quasi tutte finte, quella di Tirana si può smentire con quella di Roma e poi ce ne sarà un'altra che farà svanire entrambe. È solo discussione da bar che vede protagonisti personaggi sbiaditi e livorosi della politica e figuranti stanchi delle televisioni. «Non conta nulla». «Non è centrale». O, al contrario, spacciare Giorgia Meloni come la signora dei miracoli. Non c'è nulla di tutto questo. L'Italia è l'Italia. Non era una grande potenza con Draghi e non lo è neppure adesso, ma non è neppure così marginale. Non è vero che le scelte della Meloni, il suo dialogare con gli Usa, siano dannose per l'Europa.

Forse è arrivato anche il momento di chiedersi che Europa si vuole. Siamo sicuri che l'attivismo di Macron, che si sente De Gaulle, non stia sfarinando l'Unione? I «volenterosi» sembrano sempre muoversi con buone intenzioni, poi finiscono per segnare confini.

Qui i buoni, lì i cattivi. Qui quelli che conta no, lì quelli che non servono. Qui quelli che incassano e lì quelli che pagano. È quello che accade per gli individui, spesso sul posto di lavoro, e vale anche per la nazioni.

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