La libertà delle donne non teme la ceretta

Quando la liberazione femminile passa per l'ignorare cerette e rasoi

La libertà delle donne non teme la ceretta
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Caro Feltri,
in merito al Suo sapido riferimento alle villose fattezze della signora Rackete, non capisco la levata di scudi a difesa della presunta dileggiata. Io non vedo nessun attacco maschilista o sessista. Dal momento che il rigoglio pilifero non desta nella signora alcun imbarazzo, ma al contrario ella presenta con fierezza le proprie boscose estremità di centravanti, a mio parere Carola Rackete non necessita di difensori civici. Si sa che una certa androginia è il portato dell'età. Ma invecchiare è una gran fortuna: perché quando una donna non è più bellissima, non le resta che diventare spiritosa. Cordiali saluti.
Paola Rosso
Vercelli

Cara Paola,
constato di avere letto il pensiero di una donna intelligente, la quale si rifiuta di scorgere il sessismo in ogni gesto, in ogni commento, in ogni osservazione, in ogni parola, come impone il politicamente corretto dilagante. Come tu sottolinei, se Carola Rackete espone ed esibisce con tanto orgoglio la propria rigogliosa peluria significa che non la infastidisca che essa venga notata, quindi non vedo perché dovrei fingere di non accorgermi che la signora disdegna il rasoio e la ceretta, sposando il costume femminile progressista di fare crescere il pelo ovunque. Pare che avere i baffi, le ascelle lanose, gambe e cosce villose contribuisca alla emancipazione del vostro genere, come se assomigliare ai maschi, per di più in bruttezza, agevolasse e producesse l'effettiva parità. Ritengo che il concetto di liberazione femminile sia stato alquanto frainteso e, se vogliamo, pure banalizzato. Andrebbero perseguite la libertà economica, la libertà di scelta, la libertà dai condizionamenti e dalle convenzioni sociali, la libertà dall'idea che occorra necessariamente sposarsi e fare figli per realizzarsi, la libertà dal portafoglio di lui, quindi la propria autonomia finanziaria, invece le donne mi sembra perseguano la libertà dalla lametta e dall'Iva sugli assorbenti. Correndo il rischio di apparire e di essere altresì definito sessista, esercito la mia libertà di parola e di critica e dico che a me le gambe foderate di lanugine non piacciono, anzi questa visione mi disgusta, mi passa l'appetito. Forse perché appartengo ad un'altra generazione, quella in cui le donne non si sentivano sminuite nell'essere femminili e consideravano la cura di loro stesse una forma di rispetto nei propri confronti. Ecco, io credo che non depilarsi sia una forma di trasandatezza e di trascuratezza più che una decisione ideologica la cui nobile funzione dovrebbe essere quella di migliorare il mondo e la società. Non ho insultato Rackete, l'ho semplicemente descritta. L'ho forse diffamata? No, nulla di tutto questo. Se ella è contenta così e così si piace, benissimo. A noi cosa diavolo ce ne importa? Tuttavia siamo liberi di affermare che Rackete è pelosa e non per questo siamo maschilisti.

La fisicità dei maschi viene spesso commentata e gli uomini sovente sono derisi per difetti estetici, eppure nessuno reagisce con moti di indignazione. Allora mi domando: per quale motivo il corpo degli uomini può essere fatto oggetto di apprezzamento e di critica e quello delle donne non può parimenti esserlo al fine di evitare di beccarsi accuse che vanno dalla molestia al sessismo? E perché se una donna poggia la mano sul culo di un uomo questi deve sentirsi contento e deve riderne, mentre a parti invertite si monta su un caso mediatico e giudiziario e si configura la violenza sessuale?

Sono troppo numerose le ipocrisie e le contraddizioni di questo nuovo femminismo,

ancorato ancora all'idea che la donna sia perennemente vittima dell'uomo.

Adesso cominceremo noi signori a lottare per la parità, rivendicando il nostro diritto di essere trattati non peggio delle donne soltanto perché maschi.

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