Vittime ed eroi. Quello che il Cremlino nasconde sugli ucraini nella Seconda guerra mondiale

Domani la parata di Mosca, Putin ascrive al suo Paese il merito della liberazione dal Nazismo, ma il contributo ucraino fu altissimo. E uno dei tre soldati dell'alzabandiera sul Reichstag era di Sumy

Vittime ed eroi. Quello che il Cremlino nasconde sugli ucraini nella Seconda guerra mondiale

Per molti - comprensibilmente - Putin è un nuovo Hitler. Eppure, con grande sprezzo della storia, il numero uno del Cremlino presenta il suo regime come unico erede legittimo degli uomini che sconfissero la Germania nazista liberando l’Europa.

LA PARATA DEL 9 MAGGIO

Con questo spirito domani celebrerà l’anniversario della Resistenza e della vittoria nella Seconda guerra mondiale, quella che a Mosca viene chiamata la «grande guerra patriottica». Ci saranno leader e Stati vassalli, ma anche la Cina, purtroppo il Brasile, e le peggiori autocrazie del mondo. E non sarà solo un tentativo di uscire dall’isolamento. Putin manderà un messaggio ideologico. Ritenendo che essere dalla parte giusta nel 1945 significhi godere del beneficio di restarci, il dittatore russo rivendicherà il sacrificio di oltre 20 milioni di vittime che l’Unione sovietica subì, per usarlo oggi contro l’Ucraina. Putin insomma persegue un disegno preciso: ascrivere alla Russia il merito della «grande vittoria» serve a legittimarla ancora oggi, nella speranza di avere qualche titolo in più quando tenta di dipingere come nazista l’Ucraina o addirittura l’intera Europa, chiunque gli si opponga. E su qualcuno, nell’estrema sinistra e non solo, l’argomento ha una sua presa. Questa «narrazione» putiniana, però, è materia propagandistica che fa acqua da tutte le parti. Intanto, l’Urss non era «dalla parte giusta». Non a caso, il regime sovietico e quello nazista - prima di scontrarsi - si erano accordati per spartirsi l’Europa. E, dopo la guerra, la «liberazione» per mano dell’Urss in mezza Europa ha portato una nuova era di oppressione e violenza. La realtà dei gulag, insomma, non era molto distante da quella dei lager.


UNA VITTORIA SOVIETICA

Ma c’è dell’altro, una ragione fondamentale per cui Putin non può ascrivere ai soli russi il merito di quella vittoria e il sacrificio di quei 20 milioni di vittime sovietiche. La ragione è che quelle vittime erano appunto sovietiche, non solo russe, e un tributo altissimo fu pagato anche dai bielorussi, dai georgiani, e soprattutto dagli ucraini, oltre che da resto di quel mosaico di etnie dell’allora Urss.
Ieri l’ambasciata ucraina a Belgrado ha diffuso un comunicato per precisare che l’Ucraina celebra l’ottantesimo anniversario della vittoria sul nazifascismo l’8 maggio, oggi, unitamente ai Paesi dell’Europa occidentale. Osservando come l’Ucraina da sola abbia perso 8 milioni di persone nella Seconda guerra mondiale, l’ambasciata di Kiev ha sottolineato come la Russia sia impegnata a farlo domani, con i suoi alleati, per «nascondere i suoi crimini di guerra e giustificare la sua aggressione».


IL CONTRIBUTO UCRAINO

Dibattuta è la questione degli ucraini durante la Guerra, e non molto distante da ciò che si potrebbe dire per gli italiani, con scelte anche di collaborazionismo e pagine ingloriose scritte da molti. Ma i dati confermano che il contributo degli ucraini nella vittoria alleata sul nazismo è stato incontestabile e decisivo. Fonti governative ucraine sottolineano come l’Ucraina fosse il maggiore fornitore di risorse industriali dell’Urss: industria metallurgica e mineraria, produzione chimica, meccanica e agricola. Kiev calcola che gli ingegneri, tecnici e meccanici ucraini costruirono centinaia di locomotive e migliaia di tonnellate di attrezzature minerarie e metallurgiche. Inoltre valorizza l’enorme quota che aveva la produzione ucraina nel carbone, nel ferro nell’acciaio e negli altri minerali. Ma l’Ucraina produceva anche buona parte dell'elettricità dell’Urss, e delle sue risorse agroalimentari: pane, zucchero, carne, burro e olio. In termini militari, milioni di ucraini combatterono nell’Armata rossa. Centinaia di ucraini prestarono servizio come generali e comandanti. Un numero enorme di ufficiali e soldati ricevette encomi e medaglie. Molti parteciparono, con i polacchi, alla battaglia di Montecassino, in Italia. E sono incalcolabili le distruzioni che l’Ucraina dovette subire.

Auschwitz

LA LIBERAZIONE DI AUSCHWITZ


Devastazioni e pagine storiche. Come quella dell’unità sovietica che aprì i cancelli di Auschwitz il 27 gennaio 1945: era comandata dal tenente colonnello Anatoly Shapiro, un ufficiale ucraino nato e vissuto a Poltava. Ebreo. Anatoly Shapiro è morto nel 2006 all’età di 92 anni, dopo aver ricevuto onorificenze dai governi di Unione Sovietica prima, e Russia, Polonia e Ucraina dopo il crollo dell’Urss.

UNO SCATTO STORICO

Il contributo ucraino salta agli occhi anche in termini simbolici, a partire dalla famosa foto della bandiera rossa sul Reichstag di Berlino. Il celebre scatto di Eugenij Chaldej (reporter ebreo dell’esercito, poi caduto in disgrazia e dimenticato) resta nella storia come uno dei più iconici dell’intero secondo conflitto mondiale, insieme a un altro alzabandiera, quello di Iwo Jima. Di quella scena berlinese esistono molte versioni e prospettive. Ogni aspetto di quello scatto è controverso e dibattuto, anche perché è stato oggetto di propaganda, tanto che l’Istituto di Storia militare del ministero della Difesa della Federazione Russa, in merito alla richiesta su chi fosse stato il primo a issare lo stendardo sul Reichstag, con un comunicato ufficiale del giugno 2005 si è dovuto limitare a stabilire che «...ognuno degli eserciti che avanzavano su Berlino aveva una bandiera rossa pronta per essere issata sull'edificio del Reichstag. (...) Bandiere rosse e stendardi erano presenti in tutti i gruppi d’assalto che entrarono in battaglia a Berlino, con lo scopo di irrompere nel Reichstag e installarli sull’edificio. In totale, sul Reichstag furono issate circa 40 bandiere. Pertanto, e per una serie di altri motivi, la questione su chi sia stato il primo a compiere tale impresa resta ancora motivo di dibattito».
In realtà, al di là della propaganda, pare accertato che uno stendardo «sopravvisse» agli altri: quello installato nelle prime ore del 1º maggio dal tenente Aleksej Berest, dal sergente Mikhail Egorov e dal sergente Meliton Kantaria nella parte orientale del tetto, come riportato anche nel rapporto ufficiale dell’Armata Rossa. Gli autori del primo alzabandiera sono quindi generalmente identificati nei sergenti Kantaria ed Egorov e nel tenente Aleksej Berest. Il resoconto ufficiale sovietico poi riconobbe i soli Kantaria ed Egorov, decorati con l’onorificenza di «eroe dell’Unione Sovietica» mentre Berest dovette «accontentarsi» della meno prestigiosa onorificenza dell'Ordine della Bandiera rossa. Tra l'altro morì da eroe, pare, NEL 1970, investito da un treno mentre cercava di salvare una bambina che sulle rotaie del treno Mosca-Baku.

Berest


L'EROE BEREST


Ma chi era questo Berest? Guarda caso, era un ucraino di Sumy. Nato in una famiglia povera, in un’Ucraina piegata dall’Holodomoor, sette dei quindici fratelli morirono prematuramente. Rimase orfano all’età di undici anni e fu cresciuto dalle sorelle. Si arruolò volontario nell'Armata Rossa nell’ottobre del 1939 e quando la Germania invase l’Unione Sovietica fu inviato al fronte. Il tenente Berest fu assegnato come vice del capitano Stepan Neustroev per gli affari politici nel 1° battaglione del 756° reggimento della 150sima divisione fucilieri. Con i due commilitoni, issò la bandiera sulla cupola del Reichstag, fissandola alla statua di Guglielmo.

Poco dopo, all’altra estremità del pianeta, il 2 settembre 1945, un giovane generale di origine ucraina (nato nel governatorato di Kiev) Kuzma Derevyanko, sulla corazzata americana Missouri rappresentò l’Urss all’atto della firma che sancì la capitolazione del Giappone, e con essa la cessazione delle ostilità militari nel Pacifico e quindi la fine dell’incubo chiamato Seconda guerra mondiale.

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