Si inizia a far luce sulle cause della morte di Valentina Milluzzo, la 32enne di Palagonia (Catania) morta il 16 ottobre all'ospedale «Cannizzaro» di Catania dopo i due gemellini che portava in grembo alla 19esima settimana di gravidanza procurata con la procreazione assistita in un'altra struttura. La commissione inviata dal ministero della Salute, formata da due ispettori, un Nas e due tecnici della Regione siciliana, non avrebbe rilevato irregolarità sulla gestione dell'emergenza da parte dei medici del reparto di Ostetricia e Ginecologia del nosocomio etneo. Gli ispettori stanno mettendo nero su bianco la loro relazione, al termine della quale il quadro su quanto accaduto sarà più completo. Dovranno consegnarla al ministero a inizio settimana.
Intanto la procura di Catania, che ha iscritto sul registro degli indagati per omicidio colposo plurimo quale atto dovuto i dodici medici del reparto, sta indagando sull'intero periodo di degenza della giovane impiegata di banca, in tutto 17 giorni, per comprendere se siano state commesse negligenze o omissioni riguardo ai controlli che si sarebbero dovuti espletare dal momento che Valentina ha fatto ingresso in ospedale il 29 settembre ed è stata ricoverata a causa di minacce d'aborto riscontrate dal medico che l'aveva in cura.
«Dobbiamo capire ha detto il procuratore capo, Carmelo Zuccaro - se l'epilogo infausto sia da ascrivere o meno a comportamenti concreti dei medici nella vigilanza sulla paziente e i nascituri». L'obiezione di coscienza del medico di turno, su cui puntano i familiari di Valentina, che continuano a ribadire che il dottore non abbia voluto estrarre i feti dalla mamma in quanto erano vivi, non sembrerebbe essere il punto su cui battono gli inquirenti.
«Chiedevamo di liberare Valentina, che soffriva troppo e urlava hanno detto i familiari ma il medico ci ha risposto che non poteva intervenire finchè i cuoricini battevano».
L'Azienda ospedaliera «Cannizzaro», specificando come quello di Valentina non fosse un caso in cui sia applicabile l'obiezione di coscienza perché non si trattava di un'interruzione volontaria di gravidanza, ma fisiologica, ha sottolineato come l'espulsione del secondo feto sia stata indotta dal medico somministrando alla 32enne l'ossitocina.
«I fatti, dunque hanno detto il direttore generale Angelo Pellicanò e Paolo Scollo, direttore di Ginecologia e Ostetricia - dimostrano che il medico ha fatto ciò che doveva». L'ospedale ha aperto un'indagine interna e parla di Cid, coagulazione intravascolare disseminata, e di sepsi con crisi emorragica quale possibile causa della morte.
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