Roma - Aria di guai giudiziari per il sindaco di Roma Ignazio Marino. Nemmeno il solito muro di gomma del chirurgo prestato alla politica stavolta potrebbe bastare a respingere gli attacchi che gli piovono da ogni dove. Cerca di resistere, Marino, ma con la procura al lavoro sia sull'ipotesi di peculato sia di falso ideologico (per le smentite sulle cene «istituzionali» arrivate da ristoratori e presunti ospiti) per le nuove «spese pazze», il rischio di un avviso di garanzia che metta lui e il Pd in una posizione se possibile ancora più scomoda è concreto. Tanto che in serata in Campidoglio si rincorrevano rumor s di dimissioni imminenti.
Se invece andrà avanti fino al 2023 come annunciato, c'è da chiedersi se ostenterà la sua solita sicurezza anche quando la polizia giudiziaria, come disposto dalla Procura di Roma, salirà la scalinata del Campidoglio per acquisire negli uffici del Comune la documentazione delle sue spese di rappresentanza e per fare luce sull'aumento di massimale, da 10 a 50mila euro, della carta di credito del sindaco, ottenuta a luglio 2013, appena dopo l'elezione. Anche perché non è affatto vero che il privilegio sia comune a tutti i sindaci delle grandi città. Molti suoi «colleghi» la carta di credito non ce l'hanno, o la usano per importi decisamente inferiori. Marino, invece, la utilizza continuamente per pagare viaggi, pranzi, cene, auto a noleggio, fiori, tintorie. E il dubbio è che spesso lo abbia fatto in modo arbitrario, secondo Fdi e M5S, che con i loro esposti in cui ipotizzano il peculato hanno dato via all'inchiesta della magistratura, mentre la lista Marchini ha chiesto alla Corte dei Conti di verificare l'ipotesi di danno erariale. Certo, a scorrere l'elenco delle spese fatte da Marino di stranezze ne saltano agli occhi parecchie, come quei 2.200 euro serviti per «calici e pissidi per ricorrenze e celebrazioni religiose», o quelli spesi per i fiori deposti a Parigi sul luogo della strage alla redazione di Charlie Hebdo , quando per rendere omaggio alle vittime il sindaco usò i soldi dei romani invece dei suoi. Del resto cosa aspettarsi da uno che arriva a chiedere alle casse comunali anche il rimborso di 8,63 euro per la colazione offerta a un reduce dell'Olocausto durante un viaggio con gli studenti a Cracovia?
Ma c'è un altro aspetto delle indagini condotte dal pm Roberto Felici che potrebbe risultare imbarazzante per il sindaco. Il magistrato ha intenzione di ascoltare i titolari dei ristoranti nei quali Marino, secondo quanto denunciato dalle opposizioni, avrebbe speso senza motivo denaro pubblico. Nei giustificativi il primo cittadino ha sempre indicato «motivi istituzionali» per i pasti offerti a spese dei romani a giornalisti, ambasciatori, rappresentanti di ong, professori e via mangiando. Solo che da quando quelle fatture sono finite sui giornali, si moltiplicano le smentite degli interessati. Come il gestore dell' Antico Girarrosto Toscano , ristorante sotto casa della madre del sindaco, che al Tg4, non sapendo di essere ripreso, ha confermato che Marino era a cena con i suoi cari, aggiungendo però che pubblicamente avrebbe «smentito» l'imbarazzante dettaglio. Stessa storia alla Taverna degli Amici , sotto il Campidoglio. Marino a luglio 2013 chiede il rimborso per i 120 euro spesi per una cena «offerta per motivi istituzionali a un rappresentante della World health organization». Il ristoratore, però, a Repubblica dice di ricordarsi perfettamente che quella sera l'accompagnatore di Marino era invece sua moglie.
Anche alcuni dei presunti «ospiti» rinnegano le cene col sindaco chirurgo, ed è il caso della Comunità di Sant'Egidio, citata da Marino in un giustificativo per una cena da Sapore di Mare , tra aragoste, carpacci e grandi vini (con tanto di sconto, da 263 euro a «soli» 150). Peccato che la ong romana abbia smentito non una ma due volte, categoricamente, che suoi rappresentanti fossero attovagliati col sindaco, in quella o in qualunque altra notte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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