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Occidente ormai disarmato. In 5 anni tagli del 20%

L'America raggiunta dalla Cina, la Francia superata dai sauditi

Occidente ormai disarmato. In 5 anni tagli del 20%

Tanta paura della Cina, preoccupazioni per la Russia, disimpegno dal Medio Oriente. La mappa delle spese militari degli ultimi anni racconta meglio di ogni discorso dei leader come si muova negli ultimi anni l'Occidente sullo scacchiere geopolitico.Il mondo nel 2014 ha investito per la difesa poco meno di 1.700 miliardi di euro, pari al 2,3 per cento del Pil globale (-0,4% sul 2013 in termini reali). Dietro il totale ci sono profonde variazioni dei singoli Stati, stando ai dati dello Stockholm peace research institute. L'America in particolare ha taglia il bilancio militare dal 2010 del 20%, il ritiro delle truppe dall'Afghanistan e l'alleggerimento in Irak ha garantito a Washington risparmi per centinaia di miliardi, tanto che nel 2014 è stata praticamente raggiunta dalla Cina. L'aumento costante degli stanziamenti negli ultimi anni da parte di Pechino ha allarmato l'Occidente e i vicini giapponesi. Anche Mosca, col crescere della tensione in Ucraina, ha pompato il bilancio delle forze armate, ma l'aumento di spesa più significativo a fronte dello scenario che preoccupa le cancellerie europee da venerdì scorso, è quello dell'Arabia Saudita, primo Paese arabo a entrare nella top five delle nazioni che aprono di più il portafogli per finanziare i militari. L'Arabia Saudita, regno sunnita come l'Isis, ha superato in graduatoria proprio la Francia, con un boom del 300 per cento in dieci anni.Per quanto riguarda l'America ci sono segnali di inversione di tendenza, nonostante lo scontro tra democratici e repubblicani sul bilancio abbia contribuito a bloccare l'aumento degli stanziamenti.

L'Europa è in calo più o meno costante dal 2008, l'anno della crisi: la Francia per il 2015 aveva programmato un taglio del 3,4% e l'Italia del 4,9%. Il bilancio della Difesa del nostro Paese è pari allo 0,8 per cento del Pil, di gran lunga inferiore alla media europea. Tra l'altro solo quattro Paesi, Stati Uniti, Grecia, Gran Bretagna ed Estonia, rispettano il tetto del 2% del proprio bilancio da destinare alla Nato. L'Italia di certo non è tra i Paesi che si muovono meglio. Dopo l'attentato di Parigi il governo ha deciso di aumentare i fondi a disposizione di altri 120 milioni, ma il grosso dei fondi serve a pagare il personale, composto da più comandanti che comandati (su 174.500 uomini, 90.000 sono ufficiali e sottufficiali, situazione che la riforma Di Paola dovrebbe cambiare). In un'intervista alla rivista del think thank Il Nodo di Gordio, Edward Luttwak ci avvisa dei rischi di passi indietro sul fronte militare: «L'Italia, per la sua posizione geografica, è assolutamente in prima linea: nessun altro è in prima linea come l'Italia, e non può rivolgersi ad altri. L'Italia dovrebbe mantenere una capacità residua di combattimento classico, appunto per dissuadere la necessità di combattere: ciò vuol dire forze piccole ma potenti e moderne, ad alta intensità».

Invece i fondi per l'addestramento sono al lumicino.

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