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In 800mila alla marcia pro democrazia: lo stop alle estradizioni non basta

Quasi un milione di persone in strada per rivendicare i sei mesi di proteste e chiedere un'indagine sulla brutalità della polizia

In 800mila alla marcia pro democrazia: lo stop alle estradizioni non basta

Lo stop alla legge sulle estradizioni non basta più. La protesta di Hong Kong è cresciuta giorno dopo giorno e ora la posta si è alzata. La grande marcia per la democrazia ha mantenuto le promesse: gli organizzatori parlano di oltre 800mila persone scese nelle strade e nelle piazze anche se le forze dell'ordine tagliano le presenze a meno di 200mila persone.

Tocca comunque alla governatrice Carrie Lam rispondere a questa massiccia richiesta dell'opinione pubblica alla quale appunto non basta più il ritiro della riforma della legge sulle estradizioni in Cina incassato ad ottobre.

Tanto per cominciare i manifestanti respingono la definizione di rivoltosi: la richiesta di democrazia rifiuta una definizione che sa di eversione. E infatti tra le priorità dei manifestati c'è anche la pressante richiesta di un'indagine indipendente sugli abusi della polizia. Difficile dimenticare quel video nel quale un poliziotto sparava a bruciapelo contro uno studente disarmato l'11 novembre scorso. Tra le altre richieste che arrivano dal movimento pro democrazia il rilascio degli arrestati e il suffragio universale per la carica di governatore.

Il Civil Human Rights Front, tra gli organizzatori della mega marcia, evidenzia che questo evento, per celebrare l'inizio della protesta sei mesi fa, è stato il primo del suo genere autorizzato dalla polizia da agosto. Il coordinatore del fronte per i diritti umani Jimmy Sham (aggredito e picchiato da sconosciuti in due occasioni da quando è iniziata la protesta) spiega che «La gente è arrabbiata, malgrado la vittoria elettorale» alle distrettuali del campo pro-democrazia, il 24 novembre.

«Non credo che le lamentele della gente si siano alleviate. Abbiamo votato e volevamo che la parte pro-establishment perdesse, ma non era tra le nostre richieste», aggiunge.

Non è facile prevedere dove approderà la protesta. La comunità internazionale sostanzialmente sta a guardare augurandosi che Hong Kong non debba alla fine pagare cara questa richiesta di democrazia. Prima dell'inizio della manifestazione e anche durante sono stati molti i momenti di tensione. Un faccia a faccia con scambio di insulti tra la polizia in assetto antisommossa e manifestanti a Des Voeux Road Central, snodo viario strategico nel cuore di Hong Kong. Prima del via libera ai cortei le forze dell'ordine hanno arrestato diverse persone, quasi tutte vestite di nero, di cui non è ancora nota la ragione. É stato eseguito anche un sequestro di armi durante i raid notturni in 11 luoghi della città. La polizia ha riferito di avere confiscato una pistola semiautomatica Glock con 105 colpi, una spada da samurai, nove manganelli allungabili, bottiglie di spray al pepe e coltelli. Sono 11 le persone arrestate. «Riteniamo che il gruppo abbia pianificato di usare armi per incitare al caos durante la marcia», ha poi spiegato il sovrintendente della polizia Lee Kwai-Wa.

E la protesta ad Hong Kong ha acuito la tensione tra Cina e Usa. Due settimane fa, il presidente Usa Donald Trump ha firmato l'Hong Kong Human Rights and Democracy Act, un pacchetto a sostegno delle proteste in corso nell'ex colonia, provocando la dura reazione di Pechino

La Cina infatti che ha espresso «forte indignazione» e ha minacciato indefinite «forti contromisure» qualora anche il Congresso degli Stati Uniti approvi le misure a sostegno del movimento.

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