Vaticano

Gli 86 anni del Papa: "In regalo vorrei la pace. Intervento al ginocchio? Si governa con la testa"

Il Pontefice: "A volte manipolano le mie parole". Gli auguri di Mattarella

Gli 86 anni del Papa: "In regalo vorrei la pace. Intervento al ginocchio? Si governa con la testa"

«Il regalo che vorrei per Natale? La pace nel mondo. Quante guerre! In Ucraina ci tocca più da vicino, ma pensiamo al Myanmar, allo Yemen, alla Siria». L'elenco completo sarebbe molto lungo. Natale si avvicina, ma ieri è stato il compleanno del Papa: nato il 17 dicembre del 1936 a Buenos Aires, Francesco ha compiuto ottantasei anni. I regali, però, li ha fatti soprattutto lui, in primis a tre persone dedite alla carità verso gli ultimi degli ultimi, i più poveri tra i poveri: al francescano siriano Hanna Jallouf, al clochard Gian Piero detto Wué, che dà in beneficenza larga parte delle proprie elemosine, all'industriale italiano Silvano Pedrollo, che fa altrettanto con i proventi della sua attività da imprenditore. Come racconta Vatican News, il Papa ha regalato alle Missionarie della Carità la piccola scultura dedicata alla loro fondatrice, «La carezza di Madre Teresa per i poveri del mondo».

Ma c'è un altro dono, che ha fatto il giro del pianeta, l'intervista al quotidiano spagnolo Abc nella quale Francesco ha rivelato di desiderare la pace come dono di Natale. Non solo. Il Papa che non si vergogna di andare in giro in carrozzella, esattamente come molti suoi coetanei, ma al contrario si sente più vicino a chi non può permettersi i frutti più costosi dell'ingegneria biomedica, al punto da avere scelto di non operarsi al malandato ginocchio, ha sorpreso gli intervistatori: «Si governa con la testa, non con il ginocchio». Una battuta, ma anche una verità che forse non si coglie nella sua immediatezza. Sereno: «Sto già camminando, la decisione di non operarmi si è rivelata giusta».

Il 13 marzo Bergoglio festeggerà dieci anni sul soglio di Pietro. Per il suo compleanno fioccano gli auguri. Il capo dello Stato, Sergio Mattarella, glieli porge «a nome di tutti gli italiani». La premier Giorgia Meloni gli scrive una lettera. «Un uomo misericordioso» lo definisce l'azzurro Antonio Tajani. «Un faro di pace» per l'azzurra Licia Ronzulli. «Un riferimento prezioso» si sbilancia il leghista Matteo Salvini.

Fioccano soprattutto le domande. La cosa più difficile del suo ruolo: «non poter uscire per strada», perché lo riconoscono tutti e lo avvicinano in modo «funzionale». Anche a Santa Marta, dove vede molte persone, alcuni sembrano approfittarsene e far intendere di essere suoi amici per i propri interessi: «Sì, a volte mi usano». Racconta come sei o sette anni fa un candidato argentino venne a Messa, scattò una foto fuori dalla sacrestia, lui gli chiese di non usarla: «Una settimana dopo, Buenos Aires fu tappezzata di quella foto, ritoccata come per un'udienza personale». Manipolazione simile a quella sulle sue parole: «A volte lo fanno con un'ermeneutica previa a ciò che ho detto, per portarmi dove vogliono che vada. Il Papa ha detto questo. Sì, ma in un determinato contesto. Fuori dal contesto significa un'altra cosa». Foto, interviste, omelie, dichiarazioni estemporanee lo strattinano per la veste.

D'altra parte è il primo Papa a fare conferenze stampa, ma come dice lui stesso, «i tempi cambiano».

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