Abituarsi alla diversa normalità

L' impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale. Lo cantava il grande Lucio Dalla e lo scriveva pure D'Alema, sognando un Paese normale che invece proprio la sinistra ha reso tutt'altro che tale.

Abituarsi alla diversa normalità

L' impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale. Lo cantava il grande Lucio Dalla e lo scriveva pure D'Alema, sognando un Paese normale che invece proprio la sinistra ha reso tutt'altro che tale. Ambiguo destino di una parola abusata, mediocritas ma anche ideale paradossalmente irraggiungibile. Il Covid, che ha strattonato le vite ma anche il linguaggio, ha reso la normalità uno status del passato d'un colpo felix, e dunque perduto per sempre. L'apocalisse che temevamo ha di nuovo fagocitato il mainstream, Omicron è il nuovo Armageddon che in pochi giorni si è divorato l'illusione dell'homo sapiens globalizzato di aver vinto la battaglia tecnologica con il virus. La stretta decisa dal governo sotto Natale riduce, restringe, condiziona ancora una volta le nostre libertà, le lunghe file davanti alle farmacie per i tamponi fanno parte di un paesaggio distopico in cui si perde anche la magia delle luminarie. Più che discutere nel merito le singole misure, nevrosi compulsiva della politica e dei talk, bisognerebbe discutere del perché ogni pochi mesi ci ritroviamo, come sensazione inconscia che travalica le statistiche, sempre da capo, poco distanti da dove eravamo. L'eterno ritorno nietzschiano, il ciclo Vichiano, il cerchio ossessivo della nevrosi di Freud. I maestri hanno previsto la storia. Perché ogni pochi mesi torniamo a chiudere, come principio più che come prassi, quando pensavamo di essere tornati alla nostra vecchia cara normalità? La pandemia sbuca sotto l'albero di Natale, nascosta tra i regali sempre meno festosi, e l'anno che verrà, Dalla ancora tu, sarà alla luce di una normalità nuova, diversa e che alla fine riterremo accettabile. Le mascherine diventeranno indumento stabile del volto, il pugno chiuso entrerà nel galateo del saluto, i vaccini avranno un effetto sempre più breve, e ne faremo un quarto, un quinto, un sesto, e mi fermo forse non a caso. Lo smart working sarà, il più possibile, una nuova modalità lavorativa. Alcuni collaboratori, per stare al nostro mestiere, non sentiranno mai spiegare dal vivo un pezzo dal loro direttore.

Chi se ne importa, molti sbufferanno, tanto già siamo passati dall'on-line all'on-life, come dice il filosofo Floridi, teorico dell'Infosfera. Convivere con il virus e i virus che verranno, ecco la nuova normalità, metafora di una natura che si ribella all'uomo o di un uomo troppo arrogante con i suoi esprimenti in laboratorio.

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