"Abolire il doppio turno? È possibile. Ma meglio fare le riforme tutti insieme"

Il politologo: "L'affluenza calerà ma non dipende dal ballottaggio. Il premierato è la soluzione più praticabile ma si coinvolgano tutti"

"Abolire il doppio turno? È possibile. Ma meglio fare le riforme tutti insieme"
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L'incubo dell'astensionismo si materializza anche questa volta. Le elezioni amministrative, andate in scena domenica e lunedì, registrano una affluenza in calo rispetto a cinque anni. Un trend che appare destinato a consolidarsi tra dodici giorni quando si svolgerà il turno di ballottaggio. Un istituto, quest'ultimo, che il centrodestra vorrebbe se non abolire almeno rivedere, rimettendo mano alla soglia per aggiudicarsi la vittoria al primo turno, attualmente fissata al 50% dei voti più uno.

Professor Raimondo Cubeddu, lei è professore di Filosofia politica a Pisa, città dove si è consumato un risultato clamoroso con il sindaco uscente Michele Conti che non si aggiudica la vittoria al primo turno con il 49,96% di voti.

«Non credo si sia mai registrata una distanza così ridotta, attorno ai quindici voti. Credo sinceramente che sia un peccato visto che Conti ha governato molto bene. Ora dovrà impegnarsi al massimo per mobilitare gli elettori, anche per non finire vittima degli sfottò dei pisani, specialità di cui qui sono specialisti. Ma a parte il lato scherzoso è chiaro che si tratta di una grande occasione per lui. Sono convinto che al di là della disaffezione tanta gente metterà da parte il richiamo del caldo e del mare e tornerà a votare».

È facile prevedere che al ballottaggio l'affluenza calerà ancora. Ha senso in tempi di disaffezione per la politica mantenere il secondo turno? Il centrodestra spinge per una modifica della legge elettorale per i Comuni. Fa bene?

«Sinceramente non andrei ad aprire un altro terreno di confronto quando stai investendo energie sul grande obiettivo della riforma istituzionale. Significa aprire un fronte polemico, allontanare possibilità di mediazione, precludersi alleanze, disperdere energie e possibili sinergie. Eventualmente è una riforma che andrebbe inserita nel contesto della riforma istituzionale, non affrontata ora. Io comunque manterrei il sistema attuale».

Cosa fare allora per combattere l'astensionismo?

«Credo che la risposta più semplice sia far capire che ogni voto vale e ciascun elettore può essere decisivo. Serve una responsabilizzazione in ambito locale, ma il principio vale anche sul piano nazionale. Non dimentichiamo che Berlusconi nel 2006 perse per 24.755 voti a livello nazionale alla Camera».

Quale consiglio darebbe al centrodestra, invece, sul fronte delle riforme istituzionali?

«Nessun consiglio. Sono favorevole a una riforma fatta bene, con il coinvolgimento di tutti, l'ascolto è importante, poi se non ci sono le condizioni si può andare avanti da soli. Certo bisogna saper tessere i rapporti e servono persone che abbiano l'autorevolezza per poter interloquire e confrontarsi. La politica è l'arte del possibile e oggi per un principio di realtà il premierato sembra l'opzione più praticabile.

Poi il centrodestra ha già messo in conto il ricorso al referendum e ha fatto bene, non deve averne paura. Di certo la Costituzione deve essere vissuta come una cosa viva, qualcosa che deve evolversi e che si adatta al presente perché altrimenti finisce per morire. È frutto di uomini, non di una rivelazione divina».

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