Roma - L'Italia sceglie la via della diplomazia. Anzi della cortesia. Quella più arrendevole: quella evangelica. Allo schiaffo subito domenica scorsa dal governo libico di Tobruk, che ha apertamente accusato il nostro Paese di violare le acque territoriali con tre navi militari, il nostro ministro degli Esteri risponde, da Algeri, porgendo l'altra guancia. E infatti durante il vertice a tre con i rappresentanti di Algeria ed Egitto per discutere i dettagli del piano redatto dall'Onu per ottenere la riunificazione politica della Libia, Gentiloni ha avuto parole di completa apertura verso la Libia. Se l'accordo di pace dell'Onu sarà approvato, promette il nostro ministro degli Esteri, «l'Italia, insieme con l'Egitto, l'Algeria e altri Paesi, è pronta a sostenere e ad accompagnare la rinascita della Libia».
Insomma l'Italia continua a preferire la linea morbida della diplomazia più arrendevole nei confronti degli interlocutori libici. Domenica, infatti, alla notizia dell'allarme lanciato dal governo di Tobruk circa lo sconfinamento delle nostre navi militari, la risposta non è arrivata dalla Farnesina, bensì dal Ministro della Difesa Roberta Pinotti. Che ha tempestivamente negato ogni addebito. Proprio durante la festività dei Morti, intanto, a Tripoli veniva profanato il cimitero italiano di Hammangi. Segno ulteriore di una montante «italianofobia», nelle due Libie di Tripoli e Tobruk. E sono stati in molti, poi, tra osservatori internazionali ed esponenti politici italiani a vedere nella denuncia di sconfinamento delle nostre navi, un tentativo di «inquinare» gli incontri trilaterali (Algeria, Egitto e Italia) sul caso Libia. Il nostro governo, però, evita i toni ruvidi ed eventuali bracci di ferro con Tobruk. Forte poi del relativo passo indietro fatto proprio ieri sera dal rappresentante del parlamento libico all'Onu. Ibrahim Dabbahi ha infatti parzialmente minimizzato le accuse rivolte all'Italia nei giorni precedenti. «Prima di muovere l'accusa che tre navi da guerra italiane siano entrate nelle acque libiche - ha spiegato da New York - servono conferme, per ora non ho nessun riscontro». Anche sull'atto vandalico che ha preso di mira il cimitero italiano di Tripoli, dalla Libia sono arrivate ieri le prime rassicurazioni. Intervistato dall'Agi, l'ambasciatore libico a Roma, Ahmed Safar, ha provato a stemperare gli animi. «Non ci sono indicazioni di alcun crescente sentimento anti-italiano in Libia - ha detto il diplomatico -, a prescindere dal coinvolgimento della comunità internazionale» nel Paese. È stata intanto rinviata a oggi l'attesa seduta della Camera dei rappresentanti libica (il parlamento di Tobruk) in cui era atteso il voto sulla proposta di accordo politico mediato dall'inviato dell'Onu, Bernardino Leon, che comprende anche la nascita di un governo di unita nazionale.
«La seduta - si legge in una nota diffusa ieri dalle agenzie di stampa - è stata rinviata per consentire la consultazione tra i parlamentari sulla scelta del nuovo Comitato» che dovrà rappresentare Tobruk nelle future sessioni di dialogo politico con i
rivali di Tripoli. Se Tobruk e Tripoli accetteranno la proposta di Leon, e «se per definire l'accordo servisse qualche giorno in più, sono certo - conferma Gentiloni - che l'inviato dell'Onu possa terminare il suo lavoro».
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