Procura cattiva, magari anche un po' razzista; e giudice garantista. All'indomani dell'arresto di Domenico Lucano, il sindaco di Riace divenuto icona dell'accoglienza, la narrazione che circola tra i fan del primo cittadino è più o meno questa. Perché è ben vero che il giudice Domenico Di Croce ha messo Lucano agli arresti per due capi d'accusa, ma ne ha respinti altri sei, spesso maltrattando nelle motivazioni il lavoro degli inquirenti: l'indagine sul sindaco, in sintesi, sarebbe stata fatta male, superficialmente: e questo inevitabilmente rafforza chi vede nell'inchiesta su Lucano l'ombra della persecuzione.
La lettura attenta delle carte dice un'altra cosa. L'analisi dei sei punti che vedono giudice e pm in disaccordo (sulla gravità delle prove per la turbativa d'asta e l'immigrazione clandestina sono tutti d'accordo) racconta che su alcuni elementi la Procura non sembra avere in mano granchè, e che su altri è invece il gip ad usare nei confronti di Lucano la mano decisamente morbida. Ma quello che salta agli occhi è che in due passaggi il giudice, per scagionare il sindaco, commette un errore giuridico marchiano: tanto da rendere assai probabile che il ricorso che domani la Procura depositerà al Tribunale del riesame chiedendo l'inasprimento dell'ordinanza abbia successo.
Si tratta dei passaggi in cui il giudice valuta le accuse di concussione e malversazione mosse a Lucano: la prima, in particolare, è la più grave di tutte, perché può portare a una condanna fino a dodici anni e alla decadenza dalla carica. L'accusa è basata sulle dichiarazioni di Francesco Ruga, un negoziante che nel dicembre 2016 dice di essere stato ricattato dal sindaco e da Ferdinando Capone, presidente dell'associazione Città Futura (controllata, secondo la Procura, dallo stesso sindaco). I due avrebbero preteso da lui l'emissione di fatture per migliaia di euro per l'acquisto di prodotti per l'igiene in realtà mai acquistati, minacciando in caso contrario di sospendere il rimborso dei bonus che gli immigrati spendono nel suo negozio. Ebbene, secondo il giudice, le dichiarazioni di Raga sono inutilizzabili perché l'uomo fu interrogato senza avvocato, nonostante stesse confessando di avere lui stesso commesso un reato, ovvero l'emissione di scontrini fasulli. Ma - come ribatte la Procura - l'assenza di un avvocato rende nulle quelle confessioni solo nella parte a carico dello stesso Raga, mentre possono essere pienamente utilizzabili contro altri accusati. E lo stesso accade quando viene interrogato senza avvocato Renzo Valillà, rappresentante di una cooperativa, che accusa il sindaco di avere preteso dalla coop il finanziamento dei concerti estivi. Neanche quel verbale, secondo il giudice, può essere usato contro il sindaco: che anche se «dalle intercettazioni emerge quanto meno il tentativo di ottenere una serie di finanziamenti dai suddetti enti privati», per questa accusa non viene arrestato.
In altri passaggi, la linea del giudice appare più solida: l'imputazione di truffa, per avere pagato una impresa che doveva pulire le spiagge e non lo faceva, dalle carte appare effettivamente evanescente. Per capire chi puliva davvero gli arenili, scrive il giudice, sarebbe bastato mandare una pattuglia della Finanza. Anche la prima accusa dell'elenco, la truffa allo Stato per i finanziamenti alle strutture d'accoglienza, probabilmente aveva bisogno di elementi più stringenti per giustificare una richiesta di arresto.
Ma per altre accuse mosse a Lucano il gip sembra elaborare lui stesso la linea difensiva: per i falsi ideologici contestati al sindaco, che certificava a pioggia le richieste di rimborso garantendo di averle controllate, Lucano per il giudice è vittima di un «copia-e-incolla» a sua insaputa effettuato da chissà chi; e il «turbamento e le angustie» che Lucano nelle intercettazioni mostra sulla gestione dei fondi «non sembrano però derivare dall'avere distratto gli ingenti importi di cui sopra» ma dalla «assurdità di un sistema normativo e contabile».
Intanto, dagli arresti domiciliari, arriva la voce di Lucano attraverso il fratello Giuseppe: «Sono agli arresti per un reato di umanità», dice il sindaco. Che si definisce «sorpreso, amareggiato e anche un po' arrabbiato».
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