New York. «La grande illusione: nascondere la verità sulla conclusione della guerra in Afghanistan». Così il Washington Post inizia a raccontare - a puntate - il contenuto di un libro esplosivo, The Afghanistan Papers: A Secret History of the War, che sarà pubblicato il 31 agosto da Simon & Schuster. Scritto dal giornalista investigativo del quotidiano Craig Whitlock, tre volte finalista al Pulitzer, racconta cosa è andato storto in Afghanistan, con ricostruzioni basate su più di 1.000 interviste a persone che hanno giocato ruoli diretti nella guerra, e su migliaia di pagine di documenti.
Whitlock rivela come i presidenti che si sono avvicendati alla guida del Paese abbiano ingannato il pubblico per quasi due decenni: anche George Bush e Donald Trump hanno nascosto la verità sull'andamento delle operazioni, ma a fine 2014, l'allora comandante in capo Barack Obama aveva promesso di porre fine alla guerra. Il 28 dicembre - ricorda il Wp - i funzionari di Usa e Nato tennero una cerimonia in pompa magna nel loro quartier generale a Kabul per l'occasione, con un discorso di un generale a quattro stelle che arrotolò solennemente la bandiera verde della forza internazionale guidata dagli Stati Uniti. «Grazie agli straordinari sacrifici dei nostri uomini e donne in uniforme, la nostra missione di combattimento in Afghanistan sta finendo e la guerra più lunga della storia americana sta arrivando a una conclusione responsabile», disse Obama.
Secondo il Washington Post per essere un momento storico la cerimonia sembrò decisamente sotto tono. Il presidente parlò dalle Hawaii mentre era in vacanza, e durante l'evento, che ebbe luogo in una palestra, nessuno esultò. In effetti, la guerra non era affatto vicina a una conclusione e le truppe statunitensi avrebbero continuato a combattere e morire per ancora molti anni. «Le sfacciate affermazioni contrarie - prosegue il Wp - sono classificate tra gli inganni e le bugie più eclatanti che i leader statunitensi hanno diffuso durante due decenni di guerra». Obama aveva promesso di ritirare il resto delle truppe - 10.800 militari - entro la fine del 2016 (prima della fine del suo secondo mandato). Voleva evitare di ripetere in Afghanistan quello che era successo in Irak dopo il ritiro degli americani, che aprì le porto al ritorno dello Stato islamico, ma aveva bisogno di guadagnare tempo affinchè le forze Usa potessero contribuire a rafforzare il traballante esercito afghano in modo che non crollasse. Per fare funzionare tutto - si legge ancora - fece credere agli americani che le truppe rimaste sarebbero state lontane dal fronte, con compiti marginali. In realtà, le eccezioni sono state numerose.
Ora, scrive sempre il Washington
Post, «l'Afghanistan si sta dimostrando un terreno accidentato anche per Joe Biden», parlando di «scommessa» da parte dell'attuale presidente, che ha scelto di confermare il ritiro militare annunciato dal predecessore. VRob
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