Addio ai (pochissimi) aiuti stanziati. Ecco il prezzo di un no all'Europa

E il tesoro già pensa a un Btp ad hoc per le famiglie italiane

Addio ai (pochissimi) aiuti stanziati. Ecco il prezzo di un no all'Europa

Se l'Italia dirà «no» alla nuova linea di credito del Mes perderà quel poco - pochissimo - che al momento sembra essere l'unico aiuto in arrivo dell'Unione europea.

Il Meccanismo europeo di stabilità, sulla base dei risultati dell'ultimo Eurogruppo, dovrebbe aggiungere ai sei tradizionali tipi di prestito, un altro finanziamento senza condizionalità. Ma le risorse erogate dovranno essere destinate esclusivamente all'emergenza sanitaria coronavirus. Un punto di incontro tra la posizione dell'Italia (niente condizioni) e quella dell'Olanda (sì a condizioni e limite nell'utilizzo dei fondi).

Se le altre linee di prestito prevedono degli interventi sulle politiche economiche dei paesi che chiedano di accedere (all'Italia visto lo stato dei conti, sarebbero toccati quelli più invadenti con l'intervento dello stesso Fondo, della Commissione europea, della Bce e del Fmi), quella nuova non dovrebbe infierire. Sempre che le conclusioni del summit europeo tra ministri delle finanze si trasformi in qualcosa di concreto.

Gli stati che ne fanno richiesta potranno attingere alle risorse del Mes. Sarebbero circa 410 miliardi, ma il capitale versato, quindi le risorse effettivamente disponibili, è di soli 82 miliardi di euro (14 miliardi è il credito dell'Italia). Impossibile, come è stato fatto, anticipare la somma che toccherebbe all'Italia, visto che tutto resterebbe legato a una procedura e a una istruttoria dello stesso Mes. Poco comunque.

Difficilissimo che in questo momento ci sia qualcuno in Europa disposto a finanziare il fondo con altre risorse. Così come è difficile che si realizzi la proposta francese di un fondo da 500 miliardi di euro, finanziato da obbligazioni Ue.

L'improvviso irrigidimento di Conte su Mes e Covid bond si può spiegare anche con l'esiguità dei risultati ottenibili attraverso il fondo di stabilità e dalle altre misure europee.

Per questo al ministero dell'Economia c'è chi già da un po' sta cercando di immaginare altri modi per finanziare i costi della crisi. Più che all'Europa il governo pensa di affidarsi alle famiglie italiane (si veda «Conte al verde per il virus vuole un prestito di guerra» sul Giornale del 4 aprile).

Nel momento dello scontro più acceso con il centrodestra e in particolare con il leader leghista Matteo Salvini, l'esecutivo Conte esplora strumenti non molto diversi da quelli proposti dalla Lega. Più che una patrimoniale, inefficace e impopolare o un prestito forzoso, per il momento il governo punta alla prossima emissione Btp Italia. L'obbligazione destinata alle famiglie. Il 23 aprile già scade un emissione di Btp Italia che vale circa 15 miliardi. Poi non sono escluse nuove emissioni specifiche per riportare la quota di titoli di debito pubblico nei portafogli delle famiglie italiane. L'obiettivo pre-pandemia era passare dalla quota attuale (circa il 6%) al 10%.

I costi della crisi imporrebbe una quota ancora superiore. Per farlo servirebbe o un rendimento molto alto oppure altri premi. Per questo il governo sta pensando anche a una riduzione o forse azzeramento della aliquota che si applica agli interessi da capital gain da titoli di stato, oggi al 12,5%.

Per ottenere liquidità, insomma, il governo sembra orientarsi verso i risparmi degli italiani.

Non con un prelievo fiscale extra, che aggraverebbe la situazione di famiglie e imprese erodendo base fiscale, ma con un titolo di debito pubblico. Il tutto, anche perché dall'Europa, a parte un occhio di riguardo sul deficit e sul debito, sarà difficile ottenere qualcosa.

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