Cronache

Addio don Fabio. Braccio destro di Giussani e anima di Cl

Entravo nel suo studio sprofondato in una perenne penombra con una punta di inquietudine. Quasi di paura. Don Fabio non era un tipo facile, di quelli che distribuiscono caramelle di buonismo

Addio don Fabio. Braccio destro di Giussani e anima di Cl

Entravo nel suo studio sprofondato in una perenne penombra con una punta di inquietudine. Quasi di paura. Don Fabio non era un tipo facile, di quelli che distribuiscono caramelle di buonismo. Era brusco nei modi, ma aveva una specie di radar interiore che gli permetteva di cogliere le infinite sfumature e pieghe dell'umano, le sue contraddizioni, i suoi limiti e le sue ferite. Mi ascoltava con pazienza impaziente e poi mi indicava la strada. Una guida infallibile nelle nebbie dell'esistenza.

Don Fabio Baroncini, morto l'altro ieri a 78 anni, è stato un maestro e un punto di riferimento per centinaia di giovani, e non solo, fra Varese e Milano, dove era diventato parroco nel popolare quartiere di Niguarda. Ragazzo, era rimasto folgorato da don Giussani e da allora si era dedicato all'avventura di Comunione e liberazione, l'impegno di tutta la sua biografia, al fianco di Giussani e poi di Julián Carrón, fino agli ultimi anni segnati dalla morsa del Parkinson.

Per don Fabio il cristianesimo non era quel libretto di istruzioni morali a cui molti oggi l'hanno ridotto, ma l'incontro sorprendente con un'umanità più ricca e grande: la ragione e il cuore a braccetto. Ma anzitutto un giudizio profondo che teneva dentro la salute e la malattia, l'amore e il tradimento, la terra e il cielo. Il tutto caricato sulle spalle con un'umiltà rocciosa e disinvolta che non ho mai ritrovato in nessun altro. Valtellinese di Morbegno, aveva la tempra del montanaro: alto e magro. E soprattutto aveva due registri fondamentali nel suo spartito: l'ironia che sottolineava le miserie umane, l'empatia di chi sapeva che la Croce ha cambiato per sempre la storia e ha introdotto una misura diversa nel nostro povero mondo. Lui l'ha testimoniata e portata a generazioni intere: memorabili le lezioni acutissime su Dostoevskij, le citazioni a memoria di Dante, le vacanze di gruppo sulle Dolomiti. Qualche volta con don Angelo Scola, poi diventato cardinale, ma amico da sempre.

Oggi, a Lecco, i funerali.

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