
Alla fine ha vinto il carcinoma contro cui combatteva. E in un giorno di maggio, a un mese esatto dal cinquantesimo anniversario della sua prima impresa, Radiolina, Nichi Grauso se n'è andato a 76 anni. Imprenditore visionario, pioniere delle radio libere, poi delle tv, quindi di internet per tutti, editore col tarlo dell'innovazione ma anche politico, attivista, mediatore nella stagione dei sequestri: Grauso è stato un protagonista dell'informazione, aprendo nuove frontiere e spesso raccogliendo meno di quanto seminato. Non è un caso che l'ultima volta che le cronache si sono occupate di lui è stato per una condanna: quella a cinque anni, in primo grado, come fondatore di Epolis, per il rovinoso crac del gruppo che s'era inventato nel 2004.
La prima avventura di Nicola detto «Nichi» è stato il battesimo di Radiolina, emittente radio di Cagliari, fondata con pochi mezzi e molto spirito imprenditoriale il 19 giugno del 1975. Grauso, a forza di sentenze, apre la strada dell'etere alle radio libere e poi, con l'apertura di Videolina, canale tv «gemello», nel 1975, anche a quelle delle televisioni, rompendo il monopolio della Rai. Sull'onda del successo delle sue prime creature, Grauso rileva pure l'Unione Sarda nel 1985, rinnovando profondamente il più importante quotidiano dell'isola. Nel 1991 va alla conquista della Polonia, compra un quotidiano a Varsavia e una serie di emittenti per creare la rete tv Polonia1, ma il progetto viene affossato dalla legge polacca che due anni dopo assegna un'unica frequenza televisiva, costringendo l'imprenditore a vendere le sue attività oltreconfine.
In Italia, però, Grauso resta attivissimo. Nel 1993 fiuta internet e il web, e l'anno successivo lancia sia la versione online dell'Unione Sarda primo quotidiano europeo sul web, secondo nel mondo solo al Boston Globe che il suo provider, Video On Line, offrendo la possibilità di accedere gratuitamente all'allora nascente web grazie a un numero verde. Grauso e VoL conquistano un terzo degli «internauti» italiani offrendo email e accesso al web. Ma i costi sono insostenibili per l'imprenditore, che pochi anni dopo cede tutto a Telecom Italia.
Il passo successivo è l'ingresso in politica. Grauso nel 1997 fonda il «Nuovo Movimento» e si candida a sindaco di Cagliari, ottenendo con poco meno del 15 per cento dei voti un seggio in consiglio comunale. Alle regionali, i seggi diventano due. Il neopolitico si dà da fare per i corregionali anche oltreconfine: nel 1998, insieme a Vittorio Sgarbi, viola l'embargo aereo e vola a Tripoli, per intercedere con le autorità locali che trattengono da mesi un tecnico sardo, Marcello Sarritzu, e sua moglie. Tre mesi dopo i due vengono rilasciati.
Nel frattempo arrivano i primi guai. Silvia Melis, sequestrata in Ogliastra e tenuta in ostaggio dai rapitori per nove mesi, era stata liberata a fine 1997. Grauso aveva dichiarato di aver pagato il riscatto, i Melis però negavano tutto: Silvia si era liberata da sola, dicevano. L'editore finisce quindi indagato per tentata estorsione e, nonostante il padre della donna sequestrata in seguito confermi la versione di Grauso, quest'ultimo riesce a vedersi assolto solo lustri e lustri dopo. Tanto da sostenere di essere stato «costretto» a vendere il suo impero editoriale a Sergio Zuncheddu, nel 1999.
Senza i suoi gioielli di carta e nell'etere, Grauso, però, non si ritira a vita privata. Il 3 aprile del 2000, ancora con Vittorio Sgarbi e con padre Jean Marie Benjamin, viola la no fly zone irachena e atterra a Baghdad per - spiega poi a Radio Radicale - sensibilizzare l'opinione pubblica sulle gravi condizioni umanitarie del Paese. Nel 2004 Grauso torna alla carta stampata e fonda EPolis, rete di quotidiani locali gratuiti. Di nuovo, nel segno dell'innovazione. EPolis nel 2007 sospende le pubblicazioni: lui vende le sue quote, ma si ritrova indagato per il crac da 130 milioni di euro. L'ultima sfida è il cancro.
Grauso lo combatte da leone, smette addirittura di fumare. «Qualcosa la devi dare anche tu, ti devi impegnare, io ci ho messo l'abbandono delle sigarette», scherza a dicembre scorso in un'intervista alla sua Unione Sarda. Ma non è bastato.