«Ci sbarazzeremo di Daesh e vi ridaremo dignità». Era da poco trascorsa la mezzanotte (le 23 di domenica in Italia) quando il primo ministro iracheno Haidar Al Abadi annunciava l'inizio dell'offensiva dell'esercito e delle forze antiterrorismo per la liberazione di Mosul dall'Isis. Poche parole, trasmesse dalla tv di Stato, che rivelavano alla popolazione l'incipit di un'azione militare che non ha i contorni di una guerra lampo. Per cacciare Isis dalla seconda città più popolosa dell'Iraq ci vorranno giorni, ma i 30mila uomini, sostenuti dai peshmerga curdi e dalle milizie sciite (sul terreno anche forze speciali americane) hanno già spazzato via i primi avamposti del Califfato prendendo possesso di otto tra villaggi e località per 200 chilometri verso Mosul. Il Comando per la Liberazione del Governatorato di Ninawa, di cui appunto Mosul è la capitale, ha strappato il drappo nero che sventolava nelle località di Basekhra, Sheikh Amir, Beda al-Khubra, Bedna al-Sugra e Keberli. Tutte occupate dopo essere state accerchiate nel corso dell'avanzata. Secondo quanto comunicato dal governo autonomo del Kurdistan, i peshmerga avrebbero occupato anche Qaraqosh e Bartella, due località a maggioranza cristiana che vengono considerate «periferia» del capoluogo che, lo ricordiamo, è nelle mani delle milizie di Al Baghdadi dall'agosto del 2014.
I peshmerga curdi comunque non entreranno a Mosul, lasciando il compito alle sole forze governative di Bagdad per non fomentare tensioni. Lo ha ribadito Massud Barzani, presidente della regione autonoma del Kurdistan iracheno, precisando che il compito di forzare l'ingresso nel capoluogo del Governatorato di Ninawa sarà affidato alla 16ª divisione dell'esercito e alla polizia federale. A missione conclusa le truppe dei peshmerga rientreranno nella base di Bashiqa in attesa di nuove istruzioni. Il generale americano Stephen Townsend, comandante della coalizione internazionale anti-Isis a guida Usa, ha ricordato che la campagna per riconquistare Mosul «potrebbe durare settimane, e forse di più». L'assalto finale avrebbe già una data, quella del 26 ottobre, ovvero il giorno successivo alla riunione convocata a Parigi con i ministri della Difesa di tredici dei Paesi facenti parte della coalizione internazionale. Il ministro della Difesa francese, e padrone di casa, Jean-Yves le Drian, ha fatto sapere che il possibile «colpo di grazia» all'Isis verrà inferto dopo un consulto con il capo del Pentagono Ashton Carter. Si cercheranno strategie per evitare il bagno di sangue dell'oltre un milione e mezzo di civili che, come teme l'Onu, potrebbero diventare scudi umani dell'Isis. Il sottosegretario delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari, Stephen O'Brien, ha fatto appello «alle parti perché rispettino i loro obblighi di proteggere i civili», mentre 22 campi profughi verranno allestiti in poche settimane.
Tutto questo mentre sul fronte siriano i ribelli, coperti dal fuoco turco, hanno riconquistato la località di Dabiq, a pochi
chilometri da Aleppo. La reazione dei jihadisti è arrivata con due attentati suicidi contro altrettanti mezzi militari curdi e l'incendio di pozzi di petrolio nel distretto di Hamdaniya-Qaraqosh (23 km a sud-est di Mosul).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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