Affari illegali sui social network I lupi di Wall Street nella bufera

Operatori finanziari nel mirino delle autorità americane Messaggi cifrati per frodi, riciclaggio e insider trading

Affari illegali sui social network I lupi di Wall Street nella bufera

Dai terroristi ai lupi di Wall Street. Le app criptate sono da tempo al centro delle critiche perché considerate piattaforme sicure per i jihadisti, e ora sono utilizzate sempre più anche da parte dei trader per nascondere comunicazioni illecite alle autorità. A lanciare l'allarme è l'Fbi, e secondo quanto riporta il Financial Times, le prime indicazioni su un uso diffuso di WhatsApp, Signal e Telegram da parte dei colletti bianchi nelle grandi banche è emerso in un recente caso di insider trading.

Un ex dipendente di Bank of America, Daniel Rivas, si è dichiarato colpevole - come denunciato dalla Sec (la Consob americana), e dall'ufficio del procuratore di Manhattan - in una frode da cinque milioni di dollari in cui, usando un'app di messaggistica telefonica, passava a tre suoi amici informazioni classificate e riservate su operazioni e acquisizioni future dell'istituto di credito. La crittografia è «un problema crescente nel suo complesso», spiega al Financial Times John Casale, agente speciale che si occupa di crimini finanziari a New York. «Le nuove tecnologie possono essere applicate per frodi, riciclaggio di denaro e insider trading», continua. Secondo l'Fbi, i criminali di Wall Street stanno spostando le proprie comunicazioni dalle chat room sui terminali di Bloomberg a forum su social media come Facebook, che non rientrano nelle piattaforme tradizionali per le comunicazioni aziendali. Ma anche su Instagram, l'app nata sugli iPhone per condividere le immagini, acquisita da Mark Zuckerberg nel 2012 per un miliardo di dollari nel 2012.

La migrazione non sorprende, come non aveva sorpreso l'uso dei cellulari prepagati nei casi di insider trading del famoso giocatore d'azzardo Billy Walters e Tom Davis, l'ex presidente di Dean Foods. Nel 2016 i messaggi criptati sono stati utilizzati per promuovere la vendita di azioni, e tra gli ultimi casi c'è quello di un dipendente della banca di investimento newyorkese Jefferies, multato con 37.198 sterline dall'autorità finanziaria britannica per aver condiviso informazioni riservate su WhatsApp. «Le persone stanno diventando creative, usando canali di comunicazione più difficili da intercettare da parte delle autorità», spiega Marten den Haring, responsabile del prodotto di Digital Reasoning, piattaforma informatica usata da alcune istituzioni finanziarie per la sorveglianza. Proprio come i messaggi sulle app per le comunicazioni cosiddette «end-to-end», che possono essere lette solo da chi invia e riceve i text, e sfuggono a quasi tutti i tipi di controllo. Oltre il fatto che i big della Silicon Valley sono restii a collaborare in nome della privacy degli utenti, e spesso si sono scontrati con le autorità. Il dibattito si è ingigantito in particolare per l'ormai massiccio utilizzo di queste piattaforme da parte dei gruppi terroristici.

Nel mirino è finita soprattutto Telegram, l'app creata dei fratelli russi Nikolai e Pavel Durov, diventata nel tempo sempre più popolare tra i jihadisti.

Il suo utilizzo ha registrato un vero boom durante gli attentati di Parigi del novembre 2015, e pur se i due fondatori in quell'occasione hanno chiuso 78 canali legati all'Isis, non è bastato a fermare la propaganda. E da ultimo, dopo l'attentato a Barcellona della settimana scorsa, i terroristi hanno usato sempre Telegram per diffondere la minaccia che sarà l'Italia il «prossimo obiettivo».

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