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Ai nostri giovani non servono i soldi ma gli strumenti per essere competitivi

Il Partito democratico che vuole dare soldi ai giovani ricorda quei genitori che, fregandosene di dare ai figli tempo, attenzione e insegnamenti, si illudono di adempiere col portafoglio.

Ai nostri giovani non servono i soldi ma gli strumenti per essere competitivi

Il Partito democratico che vuole dare soldi ai giovani ricorda quei genitori che, fregandosene di dare ai figli tempo, attenzione e insegnamenti, si illudono di adempiere col portafoglio. Un giovane povero può diventare ricco, ma se è poco competitivo resterà povero. I migliori vanno via e questa emorragia è un problema per il Paese, ma chi resta è un problema per se stesso. Nel 1945 tutti erano poveri. Vent'anni dopo non più. La nostra gioventù non è povera, è poco competitiva.

Il Paese doveva ai suoi ragazzi un'istruzione di qualità, che da decenni la sinistra sindacalizzata nega loro mettendo al centro della scuola chi ci lavora e non chi ci studia. Non premiare il merito di chi è molto preparato e si aggiorna ha livellato verso il basso. Si nota quando incontri professori capaci e preparati, e ce ne sono, inspiegabilmente affiancati da personaggi improbabili e assolutamente inadeguati, eppure trattati come i migliori. Che poi, come distingui i bravi dai brocchi se non li misuri su obiettivi concreti? E infine, se non i professori, perché misurare gli studenti?

Ecco allora il genio italico: la maturità «light», magari senza il tema scritto, come se l'analfabetismo funzionale dei ragazzi non fosse un dramma sociale. In pratica, siamo alla certificazione di 5/8 anni sempre meno gravosi come didattica, dove i meno bravi bilanciavano con recitazione e gite, invece di essere aiutati a studiare, dato che la finalità della scuola è lo sforzo di apprendere, più che il sapere. Un tempo, chi andava male a scuola non poteva fare sport. Letta ha a cuore i giovani? Bene, dopo due anni sprecati a casa proponga e ottenga dai suoi sodali sindacalisti corsi aggiuntivi di formazione. Adesso!

Anche delle strutture scolastiche adeguate e attrezzate avrebbero aiutato, invece di edifici fatiscenti che a volte hanno addirittura ucciso i ragazzi. È questo l'ambiente su cui investire, prima ancora che sull'aria.

In generale, ai ventenni non serve denaro ma la capacità di produrlo: un concetto ormai scomparso dalla cultura italiana, secondo cui i soldi non si guadagnano, si stampano. Oggi serve, e non solo a loro, un sistema che incoraggi e stimoli a creare ricchezza: cosa eroica nel Belpaese, dove una macchina burocratica spietata e garantita tiene tutto fermo.

Rispondere con i soldi è l'ennesimo messaggio sbagliato, di chi non vuole cambiare nulla, a cominciare dalla cosa fondamentale: la cultura economica degli italiani, assolutamente disallineata al contesto. Concetti come impegno, raggiungimento degli obiettivi, misurazione del risultato, premio e castigo sono del tutto assenti.

Sul tassare le successioni plurimilionarie, va detto che la funzione economica della politica è proprio distribuire la ricchezza più equamente di come viene prodotta. Però in Italia non paghiamo troppe tasse perché siamo molto equi, ma perché permettiamo sprechi e rendite, quelle di chi riceve ogni mese lo stipendio, indipendentemente da cosa, quanto e come abbia prodotto. Queste fanno male ai giovani più di quelle ereditarie.

Dal centrodestra, che ha solo opposto il rifiuto della tassa, sarebbe invece attesa una narrazione, indubbiamente scomoda, contro l'idea assistenziale e a favore di meriti e competenze. Purtroppo da noi la politica alternativa alla sinistra ha sempre cavalcato valori unificanti e non economici, invece di sostenere ricette liberali, seppur divisive. Della destra ha preso il nome ma non i valori, perché gli italiani votano sì più a destra, ma pensano comunque a sinistra.

Qualcuno dovrebbe spiegare che l'antitesi del comunismo non è il fascismo, come credono, ma il liberismo.

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