Andrea Cuomo
Ci sono momenti in cui anche soltanto fare un piccolo passo indietro che ti allontani dal baratro ti riempie di gioia e di speranza.
E ieri il piccolo Alex ha fatto questo passo, piccolo come le sue gambine lunghe un anno e mezzo. Ma lo ha fatto. E ora si è autorizzati ad avere qualche speranza in più sul fatto che egli possa coniugare il verbo vivere anche al futuro.
Alex, che in realtà si chiama Alessandro Maria e vive a Londra ma ha genitori italiani, combatte da quando è nato con una brutta bestia, la Linfoistiocitosi Emofagocitica (HLH), una rarissima malattia genetica. A fine novembre è stato trasferito dall'Ospedale Great Ormond Street di Londra (quello che fu teatro della amarissima vicenda del piccolo Charlie Gard) all'ospedale Bambino Gesù di Roma. E giovedì ha vissuto una giornata molto importante, forse decisiva: è stato sottoposto a trapianto di cellule staminali emopoietiche. Il donatore è stato il padre Paolo, che dagli screening effettuati nei giorni scorsi era risultato tra i due genitori il più compatibile. Il bambino nell'ultima settimana aveva ricevuto la terapia di preparazione al trapianto mirata a distruggere le cellule portatrici del difetto genetico responsabile della patologia.
Facciamo parlare il comunicato dell'ospedale pediatrico del Vaticano, per non rischiare di commettere errori in una materia tanti ostica e delicata: «Le cellule del padre, dopo essere state mobilizzate e raccolte dal sangue periferico, sono state opportunamente manipolate e infuse nel bambino nella giornata di ieri (giovedì, ndr). Bisognerà ora attendere il decorso dei prossimi giorni, sorvegliando adeguatamente che non insorgano complicanze e che non si manifesti il rigetto delle cellule trapiantate, potenziale complicanza che potrebbe essere il problema principale per questo bambino. Il percorso trapiantologico potrà dirsi compiutamente realizzato presumibilmente prima della fine del mese di gennaio».
La storia di Alex era diventata virale e aveva commosso l'Italia a fine ottobre, quando un post su facebook, pubblicato da un profilo intestato allo stesso bimbo, aveva fatto conoscere la sua storia. Quella di un bimbo nato alla trentesima settimana e che aveva dovuto sin da subito combattere con una serie quasi infinita di difficoltà per timbrare il cartellino della vita. Poi tutto sembrava essere andato a posto ma nella scorsa estate un nuovo guaio, ancora più serio: Alex aveva iniziato a star male, febbri altissime, nessuna spiegazione, poi dopo una via crucis per vari ospedali la diagnosi: Linfoistiocitosi Emofagocitica, una malattia genetica rarissima che colpisce solo lo 0,002 per cento dei bambini. Praticamente come partecipare a una lotteria e pescare tra 50mila tagliandi quello perdente. Ma siccome il destino alle volte è un perfezionista insopportabile, ecco l'altra brutta notizia: Alex per sopravvivere ha bisogno di un trapianto di midollo osseo con un donatore compatibile. In tempi rapidissimi, perché la HLH uccide il 50 per cento dei piccoli colpiti entro un mese dalla diagnosi, ciò che fa di Alex già un mezzo sopravvissuto. Ma questo donatore, maledizione, non si trova. Non si trova da nessuna parte. Alex non ha un fratello o una sorella, e nessun «fratello» di midollo è stato individuato né nel registro mondiale dei donatori di midollo osseo né in quello dei cordoni ombelicali. Così Alex continua a vivere grazie a un farmaco sperimentale che non si sa quanto ancora farà effetto.
L'appello aveva scatenato in molte città italiane una corsa alla solidarietà. In migliaia si erano messi in fila per sottoporsi al test della compatibilità grazie anche all'impegno dell'Admo, l'Associazione donatori del midollo. Infine si era deciso di ricorrere al più rischioso trapianto di cellule staminali ematopoietiche da parte di un genitori.
Genitori (Paolo e Cristiana) che stanno vivendo la vicenda con grande riservatezza e che ieri - nel giorno della speranza - hanno voluto ringraziare tutti. Il grazie che tutti vorrebbero però è solo uno: Alex salvo e sano.
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