Alitalia è salva, ma non basta: i dipendenti si danno malati

Per protestare contro l'ingresso di Etihad i lavoratori di Fiumicino minacciano di paralizzare la società

Mister Hogan l'altro ieri è stato accolto a Fiumicino da cataste di valigie abbandonate, un caloroso benvenuto al nuovo azionista di Alitalia. E per oggi, giorno dell'annuncio ufficiale dell'accordo tra la nostra compagnia ed Etihad che sancirà, una volta per tutte, il salvataggio del carrozzone italiano, si annuncia qualcosa di ancora più beffardo: una valanga di certificati medici per giustificare l'assenza in massa del personale di terra di Fiumicino. Potrebbe essere la paralisi. Le valigie non saranno né prese né consegnate, ma grazie alle ragioni di salute ciò dovrebbe essere considerato legale e non sciopero selvaggio. La notizia è stata battuta dalle agenzie a metà pomeriggio (per i superstiziosi: alle 17.17). L'allarme è stato dato dall'Autorità di garanzia sugli scioperi, che ha annunciato di essere stata informata dalla compagnia che «nel prossimo fine settimana vi sarebbe l'altissimo rischio che gran parte del personale tecnico di Alitalia in servizio a Fiumicino, possa astenersi, in massa, dal lavoro, presentando certificati medici».

È l'ultimo, durissimo colpo di coda sindacale, sferrato nel momento più solenne e delicato. Con il rischio, ben consapevole, che possa anche saltare un contratto inseguito per un anno, che assicurerà il posto di lavoro a oltre 11mila dipendenti di Alitalia e un futuro alla compagnia; fosse fallita (fallisse) anche costoro, e non soltanto un migliaio, sarebbero in libertà. Il personale di terra di Alitalia è il più colpito dalla ristrutturazione preliminare all'accordo, con le esasperazioni individuali che tutti possono immaginare. Si assiste alla protesta estrema, alla rabbia: ma allora perchè con i certificati medici, che sanno tanto di presa in giro? (L'Alitalia, su questo tema, ha un precedente che fece clamore, di cui diremo). Si tratta di una di quelle azioni un po' furbastre, in cui la forma offende la sostanza, distanti anni luce dalla mentalità e dalla cultura di un Paese che si appresta a investire nel nostro Paese (lo stesso emiro di Abu Dhabi, proprio ieri, ha acquistato anche un complesso turistico in Sicilia, a Perla Ionica). Capirà, mister Hogan? O sarà colto dall'impulso al quale non si trattenne Jean Cyril Spinetta, presidente di Air France, che il 2 aprile del 2008, dopo una trattativa estenuante con il sindacato italiano si alzò dal tavolo e allontanandosi disse: «Finisce qui!»? Air France allora stava a un passo dall'acquisto di Alitalia, di cui era il compratore «naturale», visti i rapporti esistenti. Erano stati annunciati 2.100 tagli al personale. Il sindacato replicò con proposte industriali che il manager francese giudicò «inaccettabili». Che cos'avrà detto ieri l'ex giocatore di rugby australiano? Non avrà per caso pensato «se l'Italia è questa....»? Speriamo che la figuraccia resti circoscritta alle notizie dei giornali, senza conseguenze ai nastri trasportatori.

L'ipotesi di paralizzare Fiumicino grazie a una massa di certificati medici ha raccolto solo indignazione. Lupi li ha dichiararti «intollerabili» e ha chiesto al ministro della salute di provvedere ai controlli del caso. La commissione di garanzia degli scioperi ha scritto: «Si tratterebbe di un attentato ai diritti dei cittadini-utenti». Raffaele Bonanni, leader della Cisl, ha marchiato come «irresponsabile e pericolosa» l'iniziativa. Mentre i medici di famiglia, per bocca del loro segretario generale, hanno espresso «imbarazzo» allontanando l'idea di essere «complici» dei lavoratori.

Il primo giugno 2004 1.

100 assitenti di volo di Alitalia caddero malati in massa, un grandioso mal di pancia collettivo: in un solo giorno 285 voli furono cancellati e 28mila passeggeri rimasero a terra. Le hostess protestavano contro una sforbiciata agli equipaggi. Vinsero loro.

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